Siria: quella piccola vita volata via, che ci rende tutti un po’ orfani

neonati sirianiDal nostro inviato (Luigi Mariani) – Alla fine, come temevo, è successo: provocando dolore e lutto a un collega e amico siriano, la guerra, in un certo senso, ha colpito nel vivo anche me. Non direttamente, non strappandomi via una persona cara, ma accanendosi contro qualcuno che ben conosco e di cui ammiro il coraggio. A lui, questo atroce conflitto ha portato via qualcosa di prezioso: un nipote di soli tre anni.

Un’esplosione, una scheggia impazzita che colpisce il bambino alla testa, ferendolo in modo grave; poi la disperata corsa in Turchia, l’operazione d’urgenza, la terapia intensiva, le preghiere. Dieci giorni, in sospeso tra la vita e la morte. La speranza che se ne vola via, insieme all’ultimo respiro di questa piccola, innocente creatura; e noi che rimaniamo tutti un po’ orfani, dai suoi genitori, passando per lo zio e finendo con me, che pure non l’avevo mai conosciuta, né stretta fra le braccia, né ci avevo mai giocato.

Perché non era mio figlio, né mio nipote, ma avrebbe potuto esserlo.

Mi hanno mandato la sua foto, senza che lo chiedessi. Quasi mi si volesse mettere di fronte all’evidenza del dramma, rendermi partecipe dello strazio. Se non fosse per il capo ancora fasciato, diresti che il piccolo dorme, coperto da un panno e adornato con qualche fiore di campo, strappato chissà dove. Proprio come la sua vita, estirpata dalla terra e restituita al cielo, seppure troppo presto.

Ed ecco, per un attimo, in un barlume di consapevolezza, sono riuscito a guardare oltre. Mi sono allontanato quanto basta per scorgere le cose da un’elevazione diversa, da una prospettiva differente. E quello che ho visto mi ha sconvolto.

Ho visto il dolore provocato dalla morte di questo bambino, moltiplicato per dieci, cento, mille volte. Ho udito il grido dei suoi genitori, amplificato di dieci, cento, mille volte, fino a diventare così forte e assordante da raggiungere persino le orecchie di Dio. Che quasi potrei dire di averLo sentito singhiozzare – l’Onnipotente – davanti a tanta disperazione. Lui, che tutto può, eccetto privare gli uomini della libertà di ferirsi, uccidersi, condannare se stessi a un futuro di disumanità e sofferenza. Lui, che ha popolato il mondo di bambini per mostrarci, attraverso la loro luce, il senso e la direzione del nostro cammino. Una luce di virtù e speranza che in tanti – troppi – oggi cercano di soffocare, spaventati dalla loro stessa ombra.

C’è un passo del Talmud che esprime una grande, profonda sapienza: “Chi salva una vita, salva il mondo intero”. Se è vero anche il suo contrario, questo significa che, per ogni bambino che muore – in Siria come in qualsiasi altro paese in guerra – moriamo un po’ anche noi.

Non rassegniamoci, dunque, a questo buio che avanza. Non indulgiamo all’indifferenza e al cinismo. Torniamo a essere un po’ bambini, per quanto possiamo.

Torniamo a fare un po’ di luce.

 

In questo momento, la popolazione siriana ha bisogno di tutto il supporto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

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