Sostegno a distanza Siria. La fame uccide ancora: “I miei bambini mangiano solo foglie ed erba”

bambina siriaSostegno a distanza Siria. “Che colpa abbiamo? I miei bambini possono mangiare solo foglie ed erba. Stanno morendo. Portateci angeli. Per misericordia, aiutateci”. E’ l’appello disperato che arriva da uno degli abitanti di Madaya, un villaggio siriano sulle montagne vicino al confine con il Libano, sotto assedio da un mese da parte dell’esercito di Damasco. L’uomo parla in uno dei video e delle foto postate da attivisti locali per denunciare la situazione disperata in Siria.

La gente sta morendo al rallentatore – è la testimonianza di Louay, un’assistente sociale prigioniera anche lei da un mese -. La gente mangia foglie, fiori fatti crescere nei vasi in casaNe ho mangiato un petalo, amarissimo, ma non abbiamo altro”.

La Mezzaluna Rossa, parla di almeno 40mila persone da assistere, e servono aiuti ingenti: “Uomini, donne, bambini, tutti, dai venti ai settan’anni, hanno perso almeno quindici chili. Ci sono bambini che sembrano scheletri – racconta Ebrahem Abbas, un ex sergente dell’esercito siriano che ha disertato e si era rifugiato nella cittadina –. Non c’è un bambino che non abbia gli occhi incavati, persi nel vuoto per la fame». Un altro attivista, Sham Abdullah, racconta che i “bambini mangiano zuppe fatte di foglie, erba e acqua”.

Una situazione drammatica confermata dal segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che ha denunciato: “Affamare i civili è un crimine di guerra”: proprio il cibo, infatti, rappresenta un’arma letale del conflitto siriano iniziato nel marzo 2011.  Sempre l’Onu in un report riferisce che in città un singolo biscotto si vende ancora per 15 dollari e il latte per bambini costa 313 dollari al chilo.

L’Onu stima che quasi 400 mila persone in Siria siano ancora intrappolate nelle zone assediate dalle diverse parti in conflitto e oltre 30 persone sono morte di fame in un mese (da metà dicembre 2015 a metà gennaio 2016): ovvero una al giornoAltre decine necessitano di cure mediche immediate ma la Croce Rossa Internazionale e la Mezzaluna Rossa sono riuscite a evacuare pochissimi abitanti di Madaya finora.

Ma oltre alle circa 40.000 persone che compongono la popolazione di questa cittadina di montagna vicina al confine con il Libano, a soffrire sono anche i 20.000 civilibambini e adulti affamati, alcuni dei quali presentavano segni di grave malnutrizionenella provincia nord-occidentale di Idlib.

Ecco perché è ancora più importante e ogni giorno più impellente il lavoro di Ai.Bi. attiva nella distribuzione a 1090 famiglie di sfollati interni, pari a oltre 7 mila persone, che si trovano all’interno della regione di Idleb, a nord della Siria, ceste alimentari in grado di offrire pasti caldi e nutrienti in questi freddi mesi invernali.

Il progetto “Intervento di emergenza per la sicurezza alimentare della popolazione sfollata di Ibleb” è il frutto di un lavoro di squadra che vede protagonisti Ai.Bi. e il partner siriano Syrian Children Relief:  con questo progetto si risponde a una crisi senza precedenti non solo distribuendo lenticchie, riso, patate e pane, ma consegnando anche un messaggio rassicurante e confortante che fa capire ai nostri beneficiari che noi siamo al loro fianco e vogliamo continuare a dare il massimo per riuscire a supportarli quanto più possibile in questi momenti così tristi e così veri.

Ma per fare tutto questo e soprattutto dare una continuità a questi interventi, è necessario, se non fondamentale, il vostro aiuto: anche tu puoi, infatti, sostenere e sfamare una famiglia siriana attraverso una donazione pari a 30 euro o piccolo grande gesto chiamato Sostegno a Distanza Siria.

Grazie a questo, con soli 25 euro al mesepuoi garantire viveri e beni di prima necessità a mamme, papà e soprattutto bambini. Insieme ai diritti al gioco, alla salute, alla scuola, il cibo è uno dei pilastri fondamentali del progetto di Sostegno a Distanza “Io non voglio andare via”,  portato avanti da Amici dei Bambini nell’ambito del campagna Bambini in Alto Marenato con l’obiettivo di permettere ai bambini della regione settentrionale di Idlib di continuare a sentirsi a casa nel proprio Paese.

Fonte Reuters e www.lettera43.it