Stati Generali e Terzo Settore. Non sarebbe stato più semplice chiedere l’attuazione immediata della riforma?

Si vuole un’Italia reinventata. Bene. Ma magari prima, almeno in qualche caso, potrebbe essere interessante provare a completare quella esistente…

In questi giorni si sono aperti e chiusi gli Stati Generali, lo slogan scelto sembra essere: l’Italia va reinventata. Magari prima, almeno in qualche caso, potrebbe essere interessante anche provare a completare quella vecchia e vedere come funziona. Uno di questi casi è senza dubbio il Terzo Settore, che comunque non sembra avere destato granchè l’interesse né della commissione Colao né degli Stati Generali, forse perchè va bene così o forse, più probabilmente, perché si ritiene che i vari redditi annunciati in questi anni (cittadinanza, emergenza, inclusione…) possano egregiamente sostituire e migliorare il lavoro di volontari e organizzazioni non profit. Senza dubbio, infatti, l’approccio del Governo sembra molto più favorevole all’intervento statale che non a quello della parte di società civile impegnata sul campo a fronteggiare tante emergenze, alcune anche dovute ai ritardi e alle difficoltà della macchina pubblica.

Stati Generali e Terzo Settore: dopo cinque anni si attende ancora la riforma

In ogni caso, il governo Renzi ha approvato nel 2015 una legge delega di riforma del Terzo Settore, che, dopo cinque anni, è ancora ben lontana dalla sua conclusione. Un discreto record anche per un Paese dove il provvisorio tende spesso all’eterno.

E, in questi cinque anni di provvisorio, le organizzazioni non profit ne hanno affrontato tanto. Dovremmo ormai essere al quarto o quinto rinvio del termine perentorio entro cui adeguare gli statuti delle organizzazioni alle nuove norme, statuti che in ogni caso dovranno essere adeguati ma non potranno entrare in vigore fino a che non sarà istituito il Registro unico del Terzo Settore, di cui per ora non si hanno notizie. In assenza di questo registro, sono spesso sospese le iscrizioni ai vari albi, che questo registro avrebbe dovuto semplificare e riunire già un paio di anni fa, se mai fosse davvero stato istituito. Chi proprio vuole dare vita a una nuova organizzazione non profit senza aspettare il completamento della riforma deve redigere uno statuto adeguato alle nuove norme, anche se le nuove norme a tutt’oggi non sono complete.

Stati Generali e Terzo Settore: la confusione normativa

Cambia anche la disciplina fiscale e quindi quello che il Terzo Settore può fare e in che modo, ad esempio per quanto riguarda raccolta fondi o vendita di piccoli gadget per autofinanziamento. Poiché nessuno sa dire con certezza assoluta se per una determinata iniziativa è meglio affidarsi alla vecchia normativa, quella delle onlus, o è possibile fare riferimento alla nuova, o non si fa nulla o si fa e si spera che la propria interpretazione coincida con quella del finanziere che verrà ad effettuare un eventuale controllo.

Come è possibile una tale confusione e per così tanto tempo? Con scarsa immaginazione, i colpevoli sono anche questa volta i soliti due: il governo precedente, che ha fatto male alcune cose (non sono mancati in questi anni decreti che correggevano decreti precedenti su punti che anni dopo non sono ancora mai entrati in vigore), e l’Europa, che non dà le necessarie approvazioni alle parti fiscali della riforma.

Stati Generali e Terzo Settore. Bene le task force… ma poi?

Per cui, insomma, va benissimo reinventare l’Italia e riunire commissioni e task force per capire come fare. Ma intanto che la si reinventa, cosa che presumibilmente richiederà qualche tempo (tempo che per chi ha fame, freddo o sete potrebbe anche sembrare eccessivo), non si potrebbe fare continuare il lavoro al Terzo Settore dandogli almeno quelle certezze normative che in ogni paese fondato sulle leggi dovrebbero essere un aspetto scontato?