Adozioni Usa/Nepal: la prova dell’abbandono

Il Dipartimento di Stato americano sospende la concessione di visti per i bambini nepalesi in attesa di adozione, salvo che non venga dimostrato l’abbandono.

Per far fronte alle problematiche legate al traffico di minori in Nepal, i funzionari degli Stati Uniti richiedono la prova dell’abbandono del minore, lasciando così nel limbo diverse famiglie americane in attesa di adozione, che non possono portare i bambini negli Stati Uniti.

Gli Stati Uniti si uniscono così ad altri 12 paesi che hanno adottato la stessa linea d’azione.

In questo contesto si inserisce la storia di Jenni Lund di Seattle. La giovane americana si è recata in Nepal per incontrare Pukar, il bambino di 2 anni che le è stato assegnato in seguito all’iter adottivo. Nonostante ciò Jenny non potrà portare a casa Pukar finché non verrà rilasciato il visto. Al momento i due sono ancora “bloccati” in Nepal, mentre il Dipartimento di Stato sta indagando sul caso, alla ricerca di “prove sufficienti” che possano confermare lo stato di abbandono del bambino.

Da una lettera inviata alla donna il 27 ottobre 2010 da parte del Dipartimento di Stato, sembra che da un’analisi preliminare sulla vita del bambino ci possano essere le condizioni necessarie per concludere l’adozione e rientrare in USA.

Secondo il Times negli Stati Uniti sono circa 80 le famiglie che si trovano a vivere una situazione simile.

John Meske, direttore esecutivo della Faith International, la principale autorità americana in materia di adozioni in Nepal, dichiara che il divieto dei visti non prende in considerazione la cultura e la realtà della vita in Nepal, uno dei paesi più poveri del mondo.
Le donne non sposate in attesa sono oggetto di persecuzioni e di delitti d’onore.
“La situazione in Nepal è inimmaginabile”, ha dichiarato Meske. “Alla fine, le azioni intraprese rischiano di danneggiare non solo le famiglie americane, ma … i bambini orfani che hanno bisogno di famiglie in modo permanente”.