Utero in affitto: secondo il Tribunale di Milano dire il falso non è più reato

tribunale milanoPretendere un figlio a tutti i costi, pagare una donna per portarlo in grembo per 9 mesi, produrre certificati falsi sulla maternità. Tutto lecito, secondo la quinta sezione penale del Tribunale di Milano. Che ha assolto una coppia dall’accusa di alterazione di stato dopo aver ottenuto la trascrizione nello stato civile dell’atto di nascita estero delle sue gemelle nate in Ucraina con maternità surrogata.

Protagonisti di questa vicenda due coniugi non rassegnati alla sterilità, ma neanche disposti ad affrontare il lungo e complesso iter dell’adozione. Da qui la decisione, 4 anni fa, di ricorrere alla pratica dell’utero in affitto a Kiev. Un vero e proprio “contratto procreativo” tra gli aspiranti genitori e due donne povere del Paese ex sovietico: la prima “dona” l’ovulo, mentre la seconda dopo la fecondazione porta a termine la gravidanza. Un meccanismo perfetto per impedire ogni connessione genetica ed evitare che una madre naturale possa avanzare diritti sui figli. I coniugi italiani, nel caso in questione, hanno dichiarato di essere i genitori delle due gemelline, pur essendosi limitati soltanto ad affittare un utero. Ma sono stati assolti.

I giudici di Milano hanno stabilito infatti che non è reato dichiarare di essere la madre naturale di due bambine alla cui nascita hanno provveduto altre donne. “Il fatto non sussiste” ha detto la presidente del Tribunale Anna Maria Gatto, riservandosi 90 giorni per motivare la sentenza. Un verdetto già nell’aria da quando il pubblico ministero Maria Luisa Bellone aveva proposto l’assoluzione piena dal reato principale, con la riserva che fosse poi “un magistrato civile” a valutare “l’eventuale annullamento” della trascrizione dell’atto di nascita nei registri italiani.

Del resto la falsità della dichiarazione resa dai coniugi era stata ammessa dal loro stesso avvocato, Ezio Manzione. “I miei assistiti – ha detto il legale – si sono recati in ambasciata a testa alta, hanno detto ciò che avevano compiuto in Ucraina in base alle leggi di quel Paese e che non si poteva compiere in Italia. La dichiarazione falsa era però indispensabile per portare le bambine nel nostro Paese.

Il pronunciamento del Tribunale, per quanto discutibile, non può essere interpretato come un’intenzione di sostenere la liceità della maternità surrogata nel nostro ordinamento. La legge italiana continua a vietarla e a sanzionarla penalmente. Nello specifico, un atto come quello in questione viene ritenuto dalle norme del nostre Paese sia inefficace che contrario all’ordine pubblico. L’assoluzione della coppia non impediva, infatti, al Tribunale di disporre la trasmissione degli atti al pm che avrebbe potuto promuovere il procedimento di annullamento della trascrizione. Così non è stato, ma ciò non esclude che la Procura possa ancora attivarsi in questa direzione.  Perché la legge è legge: resta il fatto quindi che un rapporto di filiazione come quello derivante dall’affido di un utero resta qualcosa di non consentito dal nostro ordinamento.

Anche perché, come affermato dalla Corte di Cassazione nel novembre 2014, solo all’adozione, “governata da regole particolari poste a tutela di tutti gli interessati, in primo luogo dei minori, e non al mero accordo tra le parti, l’ordinamento affida la realizzazione di progetti di genitorialità priva di legami biologici con il nato”. E la maternità surrogata va palesemente in contrasto con questo principio.

 

Fonte: Avvenire