Il Ramadan povero dei siriani, con un occhio rivolto al cielo

Ramadan SiriaIeri sera, tornando verso casa, mi sono fermato davanti a una rosticceria gestita da alcuni siriani; speravo fosse rimasto un po’ di pollo arrosto da portare a casa per cena. Era da poco esploso il colpo di cannone che annuncia la fine del digiuno quotidiano, riecheggiando fra i monti bassi che circondano Antakya, mentre la cantilena del muezzin ancora risuonava per le strade della città. Come immaginavo, davanti al negozio ho trovato i giovani gestori intenti a consumare l’iftar, il pasto serale. Lo spiedo spento, nessun segno di attività in cucina. «Pollo non ce n’è, mi spiace. Se vuoi puoi fermarti a mangiare con noi» mi hanno detto. Ho declinato l’invito, ringraziandoli, e ho proseguito il mio cammino.

Il Ramadan è così, ha un’atmosfera tutta particolare: pacata, quieta, avvolgente. Niente baldoria o festeggiamenti sopra le righe, ma un semplice ritrovarsi, al termine del giorno, in famiglia o fra amici, per condividere lo stesso cibo, alla stessa tavola. E gli ospiti sono sempre i benvenuti.

Mentre sfilavo lungo la via, osservando la gente fuori dai negozi mangiare su tavoli e tavolini improvvisati, non ho potuto fare a meno di andare con la mente in Siria, dove pure si festeggia il mese sacro dei mussulmani. In ben altre condizioni, naturalmente.

È un iftar povero, quello che le famiglie consumano a Idlib, Aleppo e nel resto del paese, in buona parte reso possibile solo grazie al supporto delle organizzazioni umanitarie, che in questo periodo dell’anno cercano di aumentare gli approvvigionamenti di cibo. Come ha fatto anche Amici dei Bambini, che nei giorni scorsi ha inviato circa 100 tonnellate di farina a supporto del forno di Binnish. Perché i siriani, nonostante tutto, alle loro tradizioni non vogliono rinunciare.

È un iftar consumato al crepuscolo, con un occhio rivolto al cielo: non soltanto per pregare, ma per guardarsi da possibili attacchi aerei. Sì, perché i bombardamenti non risparmiano i civili nemmeno durante questo mese di festa, così sentito dal punto di vista religioso e culturale. Una decina di giorni fa, ad Aleppo, un barile bomba è stato sganciato su una moschea di un quartiere controllato dai ribelli, proprio durante la preghiera serale: 10 persone sono morte, tra cui due bambini. Un ulteriore prova – se ce ne fosse ancora bisogno – dell’assoluta, totale assenza di regole e pietà umana che caratterizza questa guerra maledetta.

Eppure, il Ramadan è un periodo strano; vuoi per lo spirito di sacrificio che lo anima, vuoi per il senso di condivisione e accoglienza che pervade le persone, ti spinge quasi a credere che tutto sia possibile. Persino la pace.

 

Luigi Mariani
Country coordinator di Ai.Bi. in Siria

 

Ai.Bi. ha lanciato la prima campagna di Sostegno a Distanza per aiutare le famiglie siriane a restare nel proprio paese e continuare a crescere i propri figli in condizioni dignitose, nonostante la grave crisi. Cibo, salute, scuola, casa, gioco: queste le cinque aree d’intervento. Per avere maggiori informazioni sull’iniziativa e per dare il tuo contributo, visita il sito dedicato.