Milano. “Per diventare genitori affidatari abbiamo sentito la necessità di sposarci. Solo così possiamo garantire quella sicurezza che nostra figlia non aveva mai avuto”

affido“O mi rimandate nella mia famiglia di origine o me ne trovate un’altra! Qui non ci voglio più stare!” Era arrabbiatissima Laura (nome di fantasia) dopo un anno e mezzo di comunità. Chiedeva, voleva, pretendeva una famiglia. Qualcuno che le desse finalmente dei punti di riferimento stabili. Quella stabilità che fino a quel momento le era completamente mancata: prima in una casa in cui nessuno era in grado di prendersi cura di lei, poi in una struttura dove di famiglia non c’era neppure l’ombra e chi l’accudiva lo faceva solo per lavoro.

Così Laura è andata in affido familiare a una coppia milanese, Costanza e Roberto. Una coppia che fino a qualche tempo prima si limitava a convivere e che poi, anche in vista della possibilità di accogliere un minore in difficoltà, ha deciso di sposarsi.

Costanza e Roberto iniziano il percorso di formazione per l’affido familiare nell’inverno del 2008. E si rendono subito conto di una cosa: l’affido comporta l’accoglienza, seppur temporanea, di un bambino proveniente da una famiglia in estremo disagio, spesso disastrata, totalmente incapace di donargli sicurezza. Diventare genitori affidatari senza essere sposati, senza cioè aver dato alla propria vita la necessaria stabilità che solo il matrimonio comporta, vuol dire, per Costanza e Roberto, non essere in grado di garantire a un figlio affidatario quelle certezze di cui ha bisogno.

Così i due coniugi milanesi decidono di fermarsi. Sospendono la formazione all’affido e si sposano. È agosto del 2009. Dopo qualche tempo si considerano pronti e tornano a prepararsi per l’accoglienza temporanea di un minore in difficoltà. Laura arriva ad agosto 2011. Ha sei  anni e mezzo, di cui 4 e mezzo in una famiglia incapace di crescerla e 2 in comunità, dove ha frequentato anche la prima elementare. Insomma, aveva tutte le ragioni per essere arrabbiata e pretendere una famiglia vera.

“Accogliere e prenderci cura di un bambino in difficoltà – dice oggi Costanza – non era certo un impegno da prendere alla leggera. Una responsabilità che due persone non possono prendersi se non hanno già assunto un impegno tra loro. Se non ci fossimo sposati avremmo avuto certamente la sensazione di non garantire al nostro futuro figlio adottivo il necessario rispetto delle sue necessità. Un figlio affidatario è qualcuno che cerca una famiglia, un papà e una mamma: delle certezze, che fino a quel momento non ha avuto. E che solo una famiglia vera, cioè sposata, può assicurare”.

I risultati si sono visti fin da subito. “Quando Laura è entrata in casa nostra – ricorda Costanza – doveva andare dallo psicologo una volta a settimana. Con il tempo questi appuntamenti si sono sempre più diradati. Recentemente lo psicologo ci ha detto che Laura non ha più bisogno di lui”. Cercava una famiglia, Laura: l’ha trovata e con essa ha recuperato anche la serenità.

Con i suoi genitori biologici i legami sono ormai completamente spezzati. “L’impressione è che non abbiano alcuna intenzione di prendersi cura di lei – si rammarica mamma Costanza -. Non la cercano neanche più”. Inevitabile che si stia affacciando, in Costanza e Roberto, il sogno di adottare Laura. Il 14 ottobre la Camera ha approvato una legge che aprirebbe questa possibilità. Quella per cui una famiglia affidataria potrà chiedere l’adozione del minore in affido potendo contare su una corsia preferenziale, qualora soddisfi tutti i requisiti per l’adozione previsti dalla legge 184/1983 e il minore sia stato dichiarato in stato di abbandono. E tra i requisiti previsti dalla legge del 1983 c’è anche lo stabile rapporto di coppia sancito da almeno 3 anni di matrimonio.

La legge quindi conferma ciò che Costanza e Roberto avevano già capito: stabilità fa rima con famiglia. Del resto, anche l’articolo 2 della 184/1983 sui requisiti degli affidatari afferma che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo (…) è affidato a una famiglia (…) o ad una persona singola”. E “famiglia”, per la Costituzione italiana, è “una società naturale fondata sul matrimonio”.