Il calvario di una mamma surrogata: “Il bimbo è brutto e non mi vogliono pagare”

utero in affitto“Soddisfatti o rimborsati” dice lo slogan di molte aziende commerciali. Quando il prodotto è difettoso lo si può restituire senza alcuna spesa. Il principio vale anche in Inghilterra, dove però una coppia ha pensato bene di applicarlo anche a un essere umano. Un bambino, per la precisione. Nato da maternità surrogata, richiesta da un marito e una moglie desiderosi di avere un figlio a tutti i costi. I quali, però, al momento della nascita del bambino hanno rifiutato di prenderlo con sé e di pagare la “madre in affitto”. Motivo? Il neonato, a loro giudizio, era troppo brutto.

A raccontare la drammatica vicenda è Brianne Fleming, la donna che ha prestato il proprio utero alla coppia in questione. Originaria del Suffolk, nell’Inghilterra orientale, 35 anni, Brianne ricorda quella gravidanza che si è trasformata in un incubo e che, anziché aiutarla a risolvere i suoi problemi economici, ha rischiato di lasciarla sul lastrico.

Quando la coppia che le ha rovinato la vita si è rivolta a lei, Brianne non era nuova alla maternità surrogata. Aveva già prestato il proprio utero a sua cugina che, a seguito del primo parto, aveva sofferto di placenta accreta. “Il suo sogno – ricorda la 35enne inglese – era dare una sorellina o un fratellino alla primogenita. Dopo 3 aborti spontanei ha iniziato a pensare di utilizzare la gestazione surrogata e mi ha chiesto se fossi stata disponibile a darle una mano”.

In quel caso andò tutto bene, ma le difficoltà economiche, per Brianne, continuavano. La tentazione di rimettersi “sul mercato” della maternità surrogata era forte, soprattutto per le prospettive di guadagno.

Così, un giorno di 2 anni fa, le si presenta questa coppia desiderosa di avere un figlio. E da quel momento inizia il calvario di Brianne. “In 9 mesi ho subito controlli a ogni ora del giorno e della notte – ricorda -, insulti perché secondo loro non portavo avanti la gravidanza in modo corretto”. Fino al giorno del parto, che si è rivelato più difficile del previsto, tanto che, appena venuto al mondo, il bambino aveva un colore bluastro. Apriti cielo! “Quella donna l’ha definito un mostro, urlava che non lo voleva e che era solo per colpa mia– racconta ancora Brianne -. Il tutto davanti ai medici e con me che avevo partorito da pochi minuti”. Insomma, il neonato non era abbastanza bello: non era quello che la coppia committente si aspettava.

Da qui la decisione che per Brianne ha costituito la classica beffa che si aggiunge al danno. I “genitori committenti” le fanno capire subito e senza mezzi termini che non intendono saldare il compenso pattuito. Questo dopo averla costretta, nel corso dei 9 mesi di gravidanza, anche a spese extra e impreviste. Ho dovuto privare i miei 2 figli dei regali di Natale per pagarmi le due settimane in clinica per il parto”, ricorda Brianne. Mentre suo marito era senza lavoro e il suo impiego part-time non bastava più a mandare avanti una famiglia di 4 persone.

Ma non è finita. La coppia si rende irreperibile, impossibile procedere anche per vie legali. “Non avrei nemmeno i soldi per farlo”, dice Brianne che è riuscita a recuperare solo una parte della cifra che le spettava e soltanto grazie all’intervento della clinica nella quale ha partorito.

Da allora sono passati 2 anni e di tutta questa triste storia Brianne conserva un grande rimpianto: non aver lottato per quel bimbo, “un maschietto sano e davvero bellissimo”, di cui non sa più nulla. “Mi chiedo ogni giorno come viva con quelle due persone – confessa -. Forse avrei dovuto difendere lui. Invece ho pensato a me stessa”.

 

Fonte: Libero