Poter controllare tutto è solo un’illusione: la Parola di Dio ci invita a pensare più profondamente alla nostra vita

gesù manda gli apostoliIn occasione della XXIII Domenica del Tempo Ordinario, la riflessione del teologo don Maurizio Chiodi prende spunto dai brani del Libro della Sapienza (Sap 9,13-18), della Lettera a Filèmone (Fm 9b-10.12-17) e del Vangelo secondo Luca (Lc 14,25-33).

 

La Parola di Dio di questa domenica è un invito forte, a pensare più profondamente la nostra vita.

Tante volte, specialmente oggi con tutti i progressi straordinari della tecnica e della scienza, siamo portati a credere di avere in mano il segreto della vita. È la tentazione facile, di poter bastare a noi stessi, di poter conoscere tutto e controllare tutto.

Certo, a volte accadono eventi tremendi, come il terremoto delle scorse settimane, con il carico di morte, di distruzione, di paura, di disorientamento che ha provocato per migliaia di persone, qui vicino a noi … In momenti come questi percepiamo bene di essere come ‘appesi a un filo’, ma poi, subito dopo, facilmente dimentichiamo la nostra fragilità e ritorniamo a vivere come prima, come se niente fosse accaduto.

Tragedie come questa non ci dovrebbero solo spingere – e anzitutto! – ad aiutare chi è stato colpito nella sua carne, magari perdendo tutto, ma ci dovrebbero anche spingere a riflettere sulla fragilità della nostra vita.

Così si esprime il sapiente, nella prima lettura: «Quale uomo può conoscere il volere di Dio? Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?». 

Sono due domande profonde e vere, che ci spingono a pensare la ‘differenza’ tra noi e Dio. C’è qualcosa di insondabile in Lui, che va al di là di ogni nostro pensiero e di ogni nostra immaginazione. Ci sfugge il suo volere. Ci sono infinite cose che non riusciamo a comprendere di n Lui.

Dio è davvero ‘altro’ da noi.

Questo ci chiede una disposizione di umiltà davanti a Lui. Se non è Lui che si rivela, come potremmo pretendere di conoscerlo?

Ma, vedete, questo non vale solo per Dio perché Lui è invisibile … Questo vale per ogni nostra relazione: che cosa possiamo conoscere dell’altro, se lui non decide di rivelarsi, di dire di sé, di raccontarsi? In mancanza di questo, troppo spesso, ci fermiamo a quello che vediamo e finiamo per commettere molti errori!

Ecco, anche questo dice la Sapienza: «I ragionamenti dei mortali sono timidi e incerte le nostre riflessioni». E aggiunge: «A stento immaginiamo le cose della terra, scopriamo con fatica quelle a portata di mano; ma chi ha investigato le cose del cielo?».  Se facciamo tanta fatica a comprendere «le cose della terra», quello che sta ‘sotto il sole’, come dice il Qohelet, figuriamoci «le cose del cielo!».

Tutto questo, naturalmente, non ci umilia né ci abbatte. Solo, ci dà le giuste proporzioni delle cose. Ci permette di essere realisti e fiduciosi.

In realtà, in infiniti modi il Signore si è rivelato e si rivela a noi, ci dona dunque la sua sapienza, con il suo «santo spirito».

Questo suo dono ha trovato compimento definitivo in Gesù, nella sua storia, nelle sue parole.

Sono particolarmente illuminanti quelle del Vangelo di oggi.

La prima sembra una pretesa inaudita, che diventa comprensibile solo se riconosciamo che dietro a queste parole di Gesù c’è Dio stesso. Solo Dio può chiedere a un uomo quello che Gesù chiede a noi.

Riascoltiamo questa Parola: «Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo».

Qui Gesù parla di tutti i nostri affetti più cari: figli, padre, madre, moglie, fratelli e sorelle. E chiede di amare Lui più di tutto questo! Addirittura ci chiede di amare Lui più della nostra stessa vita. Dunque, ci chiede di essere perfino disposti a perdere tutto, pur di non perdere Lui!

Attenzione però: qui Gesù non fa una ‘scala’ di valori, come se Lui fosse in cima alla scala e tutto il resto, in linea discendente, dovesse disporsi in ordine di importanza. Se fosse così, lui (Dio) sarebbe in concorrenza con le cose, i legami, gli affetti. Saremmo costretti – che so – a scegliere chi dover amare tra Lui e i nostri figli, il padre e la madre, la moglie e il marito, i fratelli e le sorelle.

Dio non è in ‘concorrenza, con un affetto. Non c’è paragone.

Dio è altro, è sopra (trascendente), al di là. Non è misurabile. Perciò non è in conflitto con le cose, gli affetti, le persone più care.

Anzi, Lui stesso è l’origine di tutto questi doni. Come potrebbe mettersi in opposizione o in paragone con questi?

In realtà Dio è ‘sopra’ e ‘in’ ogni cosa.

Le parole di Gesù dicono semplicemente la scelta della fede in Lui.

È una fede incondizionata. È assoluta. Senza se e senza ma. È solo in questo abbandono fiducioso che noi riscopriamo la bellezza e la bontà di ogni altra cosa, di ogni affetto, di ogni legame. È solo in Lui che tutto ritrova la sua bellezza e la sua bontà, ancora più profonda!

Qui comprendiamo il senso della richiesta successiva: «Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo».

Ma vedete, anche qui, Gesù non dipinge la via del discepolo come un cammino arduo, costellato di croci, come se Lui quasi si divertisse a metterci alla prova, per vedere se davvero ci fidiamo di Lui! No!

Gesù ci dice: “tu fidati di me. Vienimi dietro. Fino in fondo. Là troverai la croce (della Pasqua) e cioè tutto il dolore e la fatica che scaturiscono dall’essere discepolo, e cioè uno che ascolta, e ubbidisce alla voce di un altro, che è Gesù. Tu vienimi dietro. Non sai che io sulla croce ci sono finito per dire a te, e a tutti, l’amore immenso che ho per voi?”.

Seguiamo, anche senza capire tutto, uno che per noi ha dato tutto!

Questa è la saggezza della fede. Questa è la saggezza della vita.

È la saggezza di quell’impresario edile o di quel re di cui parla Gesù nel Vangelo. È la saggezza di chi sa ‘calcolare’ le proprie forze e allora si affida a chi è degno della sua fiducia assoluta.

Per questo, nell’ultima parola del Vangelo di oggi, Gesù chiede (ancora) di rinunciare a tutti i nostri «averi», i nostri beni, per lui. Non ci chiede di disprezzarli, o di perderli, di buttarli via, ma di apprezzarli a partire dalla fede e dalla fiducia in Lui.

Questo è il cammino della fede, che dura tutta la vita.

È il cammino del discepolo, che va dietro a Gesù,

fidandosi di Lui,

ascoltando e mettendo al centro la sua Parola,

scoprendo in Lui quell’amore tanto prezioso e unico, senza il quale la sua vita intera, alla fine, sarebbe vana e senza consolazione!