Franco Panariello: morire di abbandono

VIAREGGIO – C’è la ferita di un abbandono minorile nella morte di Francesco Panariello, conosciuto come Franco, spentosi il 26 dicembre nel giardino pubblico del lungomare di Viareggio. Il corpo del 50enne, fratello del popolare intrattenitore Giorgio, è stato trovato su una panchina della Terrazza della Repubblica, dirimpetto a uno stabilimento balneare, per la desolazione di amici e consanguinei.

«Non ce lo aspettavamo proprio» è il commento incredulo dei parenti. Giorgio, accorso ieri presso la camera mortuaria di Viareggio, non ha inteso rilasciare dichiarazioni alla stampa davanti alla salma del fratello. La Procura della Repubblica ha disposto l’autopsia per l’accertamento sulle cause del decesso, avvenuto la sera di Santo Stefano intorno allo scoccare della mezzanotte; già tre gli indagati – gli amici e la ragazza con cui aveva trascorso la festività – e due le ipotesi di reato, omissione di soccorso e omicidio colposo.

Sulla fine di Franco Panariello, le cui foto ritraggono un eterno giovane in capelli lunghi e giacca di jeans, pesa il sospetto del vecchio incubo delle cronache: l’overdose, la piaga giovanile dei decenni scorsi. Ma compare una piaga ancora più ancestrale nei registri di questa storia dolorosa, ed è l’abbandono minorile. Giorgio e Franco erano due fratellini separati alla nascita. Mai conosciuti l’un l’altro prima dell’inoltrata maggiore età. Una ragazza-madre li lasciò neonati al loro destino.

Per Giorgio si aprì subito la strada di un’adozione, ma per Franco si profilò il lungo tunnel dell’Istituto minorile. Così, mentre per il primo si spalancavano la carriera da comico e i contratti con le reti nazionali, per il secondo si aprivano le porte di San Patrignano e della comunità di don Mazzi, dove troncare il ciclo della tossicodipendenza.

Franco, uscito dal collegio e dato in affido a una famiglia, fu scoperto a sottrarre somme di denaro ai genitori affidatari. Venne restituito al collegio. In conseguenza di un nuovo furto, colto in flagrante ai danni della cassetta personale del Preside dell’Istituto, Franco fu dichiarato un caso con scarse probabilità di recupero e dato in consegna ai nonni, in località Montignoso. La sua odissea è continuata con la fuga da casa, il viaggio a Napoli e la ricerca della madre, l’incontro con il carcere e con l’eroina. Poi la riscoperta fratellanza con Giorgio e l’aiuto di lui, la disintossicazione, una nuova vita e una nuova voglia di lavorare e di essere libero. La serenità. Fino all’ultima scoperta.

(Fonti: Repubblica.it, Tirreno.it)