Mongolia: Nessuno fa niente, se non guardarmi come se fossi una pazza

Oggi e’ il primo vero giorno di primavera in Mongolia… sembra quasi estate, c’e’ il cielo azzurro come sempre e il sole fortissimo, ma oggi fa davvero caldo, ci saranno almeno 25 gradi… Incoraggiata dalla bella giornata, decido di pranzare fuori dall’ufficio, in un posto in pieno centro citta’.. dopo pranzo esco, la strada e’ piena di persone che camminano, ridono, scherzano, si godono quel bene prezioso che e’ un po’ di calore qui in Mongolia… Giro l’angolo della strada e letteralmente inciampo quasi in lui… un bambino che dorme per terra, sporco, quasi nero… i suoi vestiti sono strappati, gli esce sangue dalla faccia, ma non si vede bene perche’ sta dormendo in posizione fetale, abbracciato ad un cane randagio piccolo e sporco quanto lui… rimango bloccata, non riesco a muovermi o a distogliere lo sguardo da lui… nel frattempo la gente cammina, ci guarda, guarda quella straniera accovacciata di fianco a quell’esserino sporco, sanguinante che dorme COME un cane e CON un cane in mezzo alla strada…. NESSUNO SI FERMA. Nessuno fa niente, se non guardarmi come se fossi una pazza perche’ sto li vicino a quel bambino e commentare tra di loro cose che non capisco. Siccome fare il giro largo e’ impegnativo, alcuni lo scavalcano. Continuano dritti e scavalcano quel bambino come se fosse un  rifiuto, un pezzo di carta in mezzo alla strada col quale non ci si vuole sporcare le scarpe. Dopo qualche minuto, il bambino si sveglia. Si sveglia e mi guarda. Io non parlo mongolo, non posso parlare con lui, ma gli faccio segno se vuole qualcosa da mangiare, e’ la prima cosa che mi viene in mente. Lui si alza, prende il suo cane in braccio e mi segue. Entro in una panetteria e compro le prime cose che mi capitano, gli dico di aspettarmi fuori perche’ vedo gia’ gli sguardi delle persone sedute dentro che pensano a quelle mani luride che toccheranno tutto il cibo esposto. Lui obbedisce, pago alla cassa e una commessa impietosita mi regala un dolce per lui.Inutile dire che il piccolo divora tutto all’istante, ma prima da meta’ del suo dolce al cane.  Fa per un cane cio’ che gli adulti non hanno fatto per lui. Nel frattempo  chiamo le ragazze di Ai.Bi. in ufficio e chiedo loro di raggiungermi, da sola e senza parlare mongolo posso fare ben poco.

Il bambino sporco, sanguinante e coi vestiti strappati ha un nome. Si chiama T., ha 9 anni ed e’ scappato per l’ennesima volta dal Centro di Identificazione, una sorta di centro temporaneo della polizia dove vengono portati i bambini trovati per strada. I famosi “street children”, quelli che la Mongolia si ostina a dire che non ci sono quasi piu’. Non e’ vero, e’ solo che di inverno non si vedono, fa troppo freddo. Adesso, in estate, vengono fuori. La polizia li trova, li porta nel centro di identificazione e loro scappano. Succede 1, 10, 100 volte. Per il piccolo T. Sembra sia stato diverso, perche’ la madre- nota alle forze dell’ordine e con problemi psichiatrici, lo ha prelevato giorni fa dicendo che lo avrebbe portato fuori per qualche ora, e invece non l’ha piu’ portato indietro. Perche’ glielo hanno permesso? Perche’ nessuno ha cercato prima il bambino? Mentre parlavo con le nostre assistenti sociali, T. Mi ha urlato “grazie” ed e’ scappato via con il suo cane. Inutile rincorrerlo. Abbiamo scoperto che “vive” abitualmente di fronte al centro commerciale. Adesso le assistenti sociali di Save the Children con cui collaboriamo stanno andando a prenderlo. Lo porteranno al loro centro, gli ridaranno una pulita e lo faranno mangiare. Ma poi T. Tornera’ al centro di identificazione della polizia. E da li riscappera’. Per questo bambino non ci saranno mai foster care, e nemmeno adozione. Lui ha una madre, e questo per la legge mongola basta. Se sia incapace di prendersi cura del figlio, poco importa. Quello che mi sento adesso e’ solo un grande senso di impotenza.