Bambini reclutati nei conflitti, l’Onu chiede più impegno ai governi

(Nairobi) “La natura mutevole dei conflitti, incluso l’uso di bambini in attività terroristiche, pone nuove minacce nei confronti dei bambini e gli attori internazionali devono fare di più per affrontare il problema”.

Lo dichiara un documento del 16 giugno dell’Ufficio del rappresentante speciale dell’Onu per i bambini nei conflitti armati, Radhika Coomaraswamy. Coomaraswamy ha dichiarato che i bambini vengono sempre più usati come attentatori suicidi, essendo reclutati nelle reti terroristiche e detenuti in relazione a tali attività. “I conflitti armati oggi presentano gruppi piccoli, male addestrati e scarsamente armati; traggono vantaggio dalla proliferazione di armi piccole; possono essere alimentati e sostenuti attraverso lo sfruttamento di risorse naturali e motivazioni economiche; e spesso implicano scenari mutevoli di gruppi criminali organizzati transazionali o forme di terrorismo”, afferma il comunicato stampa uscito il 16 giugno insieme al rapporto. Secondo il comunicato “i civili, specialmente i bambini, sono sempre più presi di mira e sopportano il peso maggiore delle conseguenze.”

Lo studio ha fatto seguito a un innovativo rapporto del 1996 redatto da Graça Machel, che portava l’attenzione internazionale su come il conflitto colpisse i bambini. Altre minacce crescenti sono gli attacchi diretti sulle ragazze della scuola e sulle insegnanti, ha affermato Coomaraswamy. “Gli attori in conflitto devono rispettare le leggi sui diritti umani e quelle umanitarie internazionali, e devono porre in atto misure speciali per proteggere i bambini,” ha detto. “E i bambini che sono detenuti per il loro coinvolgimento nel conflitto non devono essere processati per crimini di guerra, ma essere sottoposti ad un procedimento (giuridico) alternativo”.

Coomaraswamy ha sottolineato che i governi, le agenzie internazionali e gli attori non statali hanno fatto alcuni progressi negli ultimi 13 anni. Il rapporto afferma che ora sono più consapevoli delle questioni relative alla protezione dei bambini nei conflitti, come il reclutamento di bambini soldato, la violenza sessuale e lo sfruttamento, l’allontanamento forzato, l’uccisione e le menomazioni, la separazione dalle famiglie, il traffico di bambini e la detenzione illegale.

Sono anche state approvate strutture legislative per la protezione dei diritti dei bambini: nel 2000 l’Assemblea generale dell’Onu ha approvato il protocollo opzionale per il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati e nel 2005 il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la Risoluzione 1612 per il monitoraggio e la denuncia di violazioni dei diritti dei bambini durante i conflitti armati. Il Tribunale Penale Internazionale, i tribunali nazionali e i tribunali internazionali stanno affrontando sempre più spesso questioni relative alla protezione dell’infanzia in conflitto.

Ma la consapevolezza, meccanismi migliori e strumenti legali non si traducono necessariamente in un cambiamento reale, ha affermato Coomaraswamy. “Abbiamo creato strutture internazionali e nazionali per la protezione dei diritti dei bambini – ora dobbiamo implementarle”. I governi e le organizzazioni per la protezione dei bambini avrebbero dovuto porre più attenzione sui modi spesso trascurati in cui il conflitto rovina le vite dei bambini, come bloccare la frequenza scolastica o mangiare cibi nutrienti o l’accesso all’assistenza sanitaria essenziale.

(Fonte: News from Africa, Redattore Sociale)