Abbandono: la IV emergenza umanitaria del XXI secolo

Lontana dalle prime pagine, quasi sconosciuta, l’emergenza dell’abbandono miete milioni di vittime in tutto il mondo. Si nutre di falsi miti e si nasconde dietro soluzioni che tali non sono. Fino a quando si chiuderanno gli occhi davanti a tutto questo?

 Finché ci sarà anche solo un bambino abbandonato, non fermeremo il nostro impegno
Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi.

 

L’abbandono minorile è un fenomeno storicamente presente in ogni società. Proprio questa sua portata storica, quasi connaturata al formarsi della società, è una delle ragioni che ha generato una sorta di rimozione collettiva del fenomeno, cui, nel tempo, sono state fornite delle risposte di tipo unicamente assistenzialistico: la formula degli orfanotrofi, oggi detti istituti, si è tramandata dai tempi antichi fino ai giorni nostri, emarginando, di fatto, il problema dall’attenzione pubblica. Infatti, nonostante i progressi fatti, soprattutto negli ultimi decenni, in materia di politiche di inclusione sociale, il fenomeno è rimasto sostanzialmente costante, nonché sommerso e del tutto marginale sia da un punto di vista conoscitivo sia culturale.

Abbandono: la IV emergenza umanitaria

I dati sono inequivocabilmente tragici. Già il fatto che non ci siano statistiche ufficiali e conosciute sul numero dei bambini abbandonati la dice lunga, per quanto possa essere complicato stimare questo tipo di situazioni. Secondo il “2020 Orphan Report” della İHH (İnsani Yardım Vakfı), organizzazione non governativa islamica turca, attiva in oltre 100 Paesi del Mondo, che cita dei dati dell’Unicef e del Muslim Global Relief, attualmente nel mondo ogni giorno ci sono 10 mila orfani in più, per un totale che, se somma ai 140 – 150 milioni di orfani “conosciuti” i tantissimi “bambini invisibili” (non registrati alla nascita, non identificati come orfani perché presi subito in cura dai parenti stretti alla morte dei genitori, sfuggiti alle registrazioni per inefficienza o difficoltà tecniche…), arriva all’incredibile cifra di 400 milioni!
Questo tenendo conto solo degli orfani, quando, in realtà, i bambini abbandonati sono molti, molti di più, perché la maggior parte di loro una famiglia vivente ce l’ha, anche se lo ha abbandonato. Eppure, come detto, poco se ne parla e nessuno si è mai preso l’onere nemmeno di contarli.

La portata drammatica di questa realtà ci porta a definire l’abbandono come un’emergenza umanitaria. Anzi, come la IV emergenza umanitaria del XXI secolo, che colpisce la popolazione più indifesa: i minori.
È vero, l’abbandono può sembrare non possedere le caratteristiche dell’emergenza, soprattutto in comparazione alle altre generalmente riconosciute:

– la fame: di fame si muore, e si vede.
– le malattie: di malattia si muore ancora oggi, tanto, e si vede.
– la guerra: in guerra si muore, e si vede.

Di abbandono non si muore. E l’abbandono non si vede. “Addirittura”, alcune volte, negli istituti, specie quelli dei paesi occidentali, i minori abbandonati vivono in condizioni più che dignitose. Ma basta questo per sostenere che non sia un’emergenza umanitaria?

No, perché la verità è che di abbandono si muore. Magari non “fuori”, ma si muore dentro. La carenza di supporto, di protezione e di affetto da parte di una famiglia porta questi bambini all’annientamento dei loro diritti, alla distruzione delle loro capacità cognitive e relazionali, allo sfruttamento sessuale, alla violenza, all’esclusione sociale. In casi estremi di abbandono, la carenza di identità espone i minori al pericolo del traffico, alla tratta e altre gravi forme di mercato.
In molte sue caratteristiche, dunque, l’abbandono è un’emergenza ancora peggiore.

Le caratteristiche dell’emergenza dell’abbandono

 L’emergenza dell’abbandono è subdola: perché si nasconde dietro alcuni potenti “miti” e diventa irriconoscibile. Si nasconde nel mito dell’assistenza, che illude che la risposta di chi si adopera per questi bambini possa superare, annullare e sconfiggere l’abbandono. Si nasconde nel mito della famiglia di origine, che configura il legame di sangue come una sorta di diritto di proprietà dell’adulto sul minore e impedisce, di fatto, a un bambino che non gode più del calore della sua famiglia la possibilità di essere accolto in un nuovo nucleo familiare. Si nasconde nel mito della cultura del Paese di origine, rappresentato dalle divisioni etniche e culturali, dalla volontà di salvaguardare le proprie tradizioni e far crescere i bambini abbandonati solo nella propria nazione.

L’emergenza dell’abbandono è irreversibile: soprattutto quando si verifica in tenerissima età, la sindrome dell’abbandono produce molteplici e gravi conseguenze come ritardi psico-motori; bassissima autostima e conseguenti difficoltà relazionali; crescita di un vuoto interiore difficile da colmare.

L’emergenza dell’abbandono crea delle vittime sociali: sono gli OFC (Out of Family Children), una categoria, non ancora riconosciuta come tale, formata da orfani, bambini abbandonati, bambini nel limbo degli istituti, deprivati di una famiglia stabile, care-leavers, ecc. Tutti, di fatto, privati di un diritto umano fondamentale: quello della famiglia, condannati a vivere l’infanzia e l’adolescenza in una condizione che mette a repentaglio la loro stessa esistenza e innalza il rischio dell’esclusione sociale.

L’emergenza dell’abbandono è indiscriminata: colpisce ogni Paese del mondo, industrializzato, povero o in via di sviluppo che sia, senza guardare al reddito pro-capite o alle condizioni di progresso dell’economia. Quindi, a differenza delle altre tre emergenze umanitarie, quella dell’abbandono non riguarda solo i paesi poveri. Nessuna nazione è immune, perché l’abbandono colpisce là dove la disgregazione familiare è più forte e dove è più marcata la messa in crisi dei valori familiari.

L’emergenza dell’abbandono si replica: chi è stato abbandonato tende ad abbandonare a sua volta i propri figli e così l’abbandono si trasforma in una piaga sociale.

L’emergenza dell’abbandono è costosa: le sue conseguenze in termini economici sono ingenti. Servono risorse per mantenere i minori nelle strutture residenziali, per esempio, e servono risorse elevate per il loro reinserimento sociale o volte al recupero delle devianze.

L’emergenza dell’abbandono è paradossale: perché le stime evidenziano come, di fronte al bisogno di milioni di bambini fuori famiglia, vi sia comunque un numero molto superiore di famiglie che potrebbero accogliere e risolvere una volta per tutte il loro abbandono.

Quella dell’abbandono, insomma, è un’emergenza davvero globale, che colpisce l’individuo, la struttura politico – sociale e il piano culturale. Fino a quando, ancora, si farà finta di non vederla?