Adottare al “buio” una ragazza di 14 anni? E chi mai lo farebbe?

Buongiorno,  

mi chiamo Alice e vorrei raccontarvi la mia storia. 

Ho accolto “al buio” una ragazza di 14 anni, sorella maggiore del bimbo che abbiamo adottato tempo fa. Siamo stati fortunati perché è una ragazza splendida: non vogliamo nascondere i problemi che ci sono e che ci saranno, ma il desiderio di una famiglia era in lei così grande che non sono in grado di esprimerlo. Quello che voglio dire è che l’unica vera cura per questi ragazzi è l’amore, e con l’amore sono del tutto certa che potranno superare l’inferno che vivono e trasformarlo in gioia. Non abbiate paura, dite quel sì che sentite nel cuore, non ve ne pentirete, riceverete il centuplo. Io lo testimonio con la mia vita. 

Cara Alice, 

Fino a quando un essere umano sente il desiderio di avere una famiglia per sé, di sentirsi figlio? 

Sempre… 

Sembra che l’ultima parola pronunciata prima di morire da parte della maggior parte degli esseri umani sia “mamma”. E allora perché qualcuno esprime la propria fame di figlio, il proprio desiderio di affidarsi ad un genitore, e qualcun altro invece no? 

La risposta non è univoca. Tanti sono i fattori di questa variabilità: le brutte esperienze vissute, gli abbandoni, i traumi, le frustrazioni, che creano in alcuni bambini i presupposti per pensare di non volersi più affidare ad un genitore. La paura di essere amati è più forte di quella di continuare a stare da soli. Ma questo desiderio nascosto, sepolto, soffocato, di essere figlio… è possibile risvegliarlo e liberarlo, o è ormai fossilizzato? 

Provare, scommettere, donarsi: ecco le uniche risposte possibili al dilemma. Modulare le proprie aspettative di genitore sulla base delle risposte del figlio; provare a “fargli sentire” emozioni belle, a riscaldare nel bambino ciò che per meccanismo di difesa si è congelato; farlo delicatamente, senza imporre nulla, ma con una costante e fedele presenza che non deve scivolare nell’assenza di limiti e di regole – che sono invece necessari per sentirsi costantemente amati e abbracciati –. 

È un difficile ma entusiasmante lavoro da funamboli, che obbliga a gestire con autocontrollo il senso di impotenza che talvolta affiora e intacca la propria fiducia nella capacità di essere genitore. Eppure tutto questo lavoro in un attimo potrà essere ripagato, fino al centuplo di quello che si è dato. 

Un abbraccio 

Lisa Trasforini, Psicologa e Psicoterapeuta di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini