Adozione internazionale. Come la burocrazia può frenare l’accoglienza: un esempio pratico

Per una coppia in attesa la Prefettura di Napoli riceve una sola volta a settimana. E se ad aspettare una famiglia fossero loro?

La burocrazia è nemica dell’adozione internazionale? Quanta strada deve fare l’Italia per passare da una cultura della selezione (dei genitori adottivi) a una cultura dell’accoglienza? Per capire quale sia lo scenario in cui tante coppie desiderose di accogliere nella loro famiglia un bambino abbandonato si trovano costrette a muoversi, riceviamo e pubblichiamo questo messaggio inviato da una delle sedi italiane di Ai.Bi. – Amici dei Bambini alla sede centrale:

“I coniugi sono venuti mercoledì per la relazione psicologica per il Paese di destinazione e quando ho chiesto come stesse andando la preparazione dei documenti mi hanno detto che sicuramente non ce la faranno a consegnarli in breve tempo. Soprattutto perché la Prefettura di Napoli ha delle regole che non vanno incontro a chi lavora: mi hanno raccontato che la stessa Prefettura non solo riceve le coppie per l’adozione un solo giorno a settimana, ma legalizza solo tre documenti alla volta. La coppia ha calcolato che su 24 documenti prodotti e da legalizzare, pur andando prima un coniuge e poi l’altro, dovranno andare in prefettura quattro volte (chiedendo permessi sul lavoro ogni volta). La coppia era ovviamente rammaricata e anche un po’ arrabbiata. Certo anche questo non va a favore dell’invogliare all’adozione, ci sono coppie che non possono permettersi tanti giorni di permesso e di ferie”.

Sovviene a questo punto una domanda: ma se ad aspettare un papà è una mamma fossero i figli di questi funzionari o addirittura del prefetto stesso? Cosa direbbero? Sarebbero felici di questa situazione?

Sarebbero contenti che, a decidere del loro futuro, a decidere tra una possibile infanzia trascorsa a lenire le ferite dell’abbandono in un istituto e l’abbraccio di una famiglia possa essere qualche pezzo di carta o un appuntamento di troppo?