Adozione internazionale. “Ma davvero credi che potremmo riportarti in Brasile?”

“Se non la smetti ti rimetto al tuo posto!” Anche un semplice rimprovero può aprire una paura da incubo. Leggi la storia di Denìs e Michel

I due bambini battibeccavano per chi dovesse scegliere il programma da vedere in televisione, e, questa volta, Denìs non voleva arrendersi come faceva di solito con il fratellino Michel che, indispettito, faceva un po’ il prepotente, come fanno i ragazzini grandi.
Allora, la mamma infastidita, lo ha ripreso: “Se non la smetti ti rimetto al tuo posto!”
Michel sbarra gli occhi e la guarda allarmato: “Mamma vuol dire che mi riporti in Brasile?”
Quante volte capitano in famiglia scene come quella descritta, di litigi tra fratelli su questioni futili?
Ma la frase che il ragazzino rivolge alla madre rivela che negli adottati “può restare sempre qualcosa” che rimanda all’esperienza dell’abbandono e a quanto possa essere difficile curare definitivamente questa ferita dell’anima.
L’esperienza provata lascia un segno indelebile, che col tempo, a volte con percorsi di aiuto da parte di specialisti, può essere curato.
Alcuni ragazzini superano definitivamente questo trauma e prendono in mano la propria vita, con la nuova definitiva famiglia, senza guardarsi indietro.
Ma ci sono tantissimi fattori che influiscono nella cicatrizzazione dello strappo vissuto di abbandono: non si può dire di esserne fuori del tutto. Qualcosa, anche di banale, come il litigio su che cartone animato guardare, potrebbe riacutizzare il dolore.
Tutto, potenzialmente, potrebbe riaprire la ferita e farla sanguinare.
Riteniamo invece che non si debba “patologizzare” la condizione di questi ragazzi, che non debba per forza essere attenzionato con apprensione.

L’abbandono: un’esperienza che segna la vita

Nel caso della conversazione riportata, la risposta fa pensare alle complessità quotidiane dell’adozione che, per quanto ci si sforzi di costruire fiducia, creare tranquillità, realizzare la propria normale vita di famiglia, può lasciare un sottofondo di paura, di dubbio, o forse di precarietà.
Questo avviene soprattutto se i bimbi leggono la stanchezza dei genitori, che a torto, imputano sempre a se stessi, anche quando non è così. Per cui arriva sottotraccia la disistima in se stessi e il pensiero: “Siete stanchi di noi, vi abbiamo peggiorato la vita”.
Probabilmente non ci credono fino in fondo, ma hanno bisogno di sentirsi dire che non è così. Tante volte. Spesso.
Quando Michael ha sentito quella frase e l’ha interpretata a suo modo, la mamma gli ha chiesto: “Ma davvero credi che potremmo portarti in Brasile?”
E lui, spavaldo, ma sempre bisognoso di conferme, ha risposto di no.
Per i bambini, il fatto di parlarne, li aiuta ad orientarsi, ma rimane appunto la conseguenza di quell’esperienza che deve essere rielaborata, ciascuno a proprio modo.

Da incubo a realtà: la mia famiglia c’è ora e ci sarà per sempre

Nella famiglia in questione, non solo Michel, anche Denìs l’altro giorno ci ha detto che lui la notte pensa e prega perché teme che prima saranno riportati in Brasile.
Il fratello maggiore di recente ha sognato di essere condotto in istituto da mamma Milas e di aver pensato di essere caduto in un buco.
Parlandone con la mamma si è interpretato il sogno: “Mamma ho di nuovo sognato l’abbandono” per poi stupirsi di nuovo di come il suo cervello possa, anche a distanza di vari anni, ritornare a recuperare quell’esperienza e renderla così viva.
Per fortuna a rincuorare il ragazzino c’è la realtà, quella tangibile e avvolgente, quella che non può cambiare: la sua famiglia che c’è e ci sarà per sempre.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it Dona per il Fondo Accoglienza Bambini Abbandonati