Affido. La storia di Antonio e Paola: “Siamo diventati genitori affidatari grazie ad un bambino della Bielorussia”

Per la coppia, senza figli naturali, il percorso verso l’affidamento familiare si è snodato lungo una serie di tappe successive, sempre più impegnative e sfidanti, ma bellissime, fino alla condivisione di una vita insieme a una bimba di 9 anni

Attraverso queste esperienze – spiegano i due – abbiamo maturato la convinzione che uno strumento come l’affido ci dava la possibilità di offrire le nostre risorse per aiutare bambini in condizioni difficili

Affido. Una coppia la sceglie dopo aver accolto un bimbo bielorussoUna scelta partita da lontano, “attraverso un percorso di volontariato fatto in una casa-famiglia”: è quella di diventare genitori affidatari, che Antonio e Paola (nomi di fantasia) hanno di recente trasformato in realtà. Una sfida quotidiana che è stata accolta dalla coppia dopo una serie di ‘tappe’ successive sempre più impegnative e belle. “In quel contesto – raccontano ad AiBiNews i coniugi, rievocando i tempi della casa-famiglia – abbiamo conosciuto la realtà di bambini che vivevano una situazione di difficoltà a causa di situazioni familiari disgregate e inadeguate a prendersi cura di loro. Abbiamo percepito come per questi bambini fosse fondamentale trovare dei modelli di famiglia completamente diversi da quelli in cui erano cresciuti”.

Conseguentemente, i due hanno optato per condividere il percorso con un gruppo di mutuo aiuto di famiglie affidatarie presente nel territorio in cui vivono, sul lago di Como, “ascoltando e valutando quali fossero le problematiche che, concretamente, le famiglie affidatarie dovevano affrontare. Abbiamo poi deciso di ‘metterci alla prova’, ospitando per un mese un bambino bielorusso nell’ambito dei programmi di risanamento per gli effetti dell’incidente nucleare di Chernobyl. Ed è stata un’esperienza assolutamente positiva, che continua ancora oggi”. Attraverso questi piccoli, ma significativi passi, Antonio e Paola hanno pian piano “maturato la convinzione che uno strumento come l’affido ci dava la possibilità di offrire le nostre risorse per aiutare bambini che, a causa di circostanze di cui non avevano nessuna colpa, si trovavano a vivere situazioni difficili e spesso insostenibili e che la possibilità di poter sperimentare un contesto più stabile e adeguato li potesse aiutare a tirare fuori tutte risorse che avevano, ma che il loro complicato vissuto non gli permetteva di esprimere”.

Per loro quella con Angela è la prima esperienza di affido, avviata un anno e mezzo fa. Antonio ha 53 anni, mamma Paola 49. Sposati da dieci anni, non hanno avuto figli naturali. Riguardo al luogo in cui vivono si ritengono “fortunati, perché è un posto incantevole”. E parlando della loro scelta di affido, “più che di curiosità – sottolinea Antonio – parlerei di una paziente attesa con cui abbiamo dovuto convivere, soprattutto nella prima fase, nella quale il nostro percorso di valutazione e di possibile abbinamento è stato gestito dai servizi affido del territorio. Purtroppo ci siamo scontrati, come altre coppie, con un sistema inefficiente, in cui i vari comuni non fanno rete fra di loro per favorire l’incontro fra ‘domanda’ e ‘offerta’. Questo è stato il motivo principale che ci ha portato a rivolgerci ad Ai.Bi.”.

La coppia, comunque, tiene a specificare che “in nessun caso bisogna pensare all’affido come un percorso di brevissimo termine, perché oltre al periodo di formazione bisogna poi tener conto che per far partire bene un affido, l’abbinamento corretto fra famiglia affidataria e bambino è una fase cruciale e richiede del tempo, ma se oltre a questi aspetti i tempi si dilatano per le inefficienze del sistema, allora l’attesa diventa un elemento di frustrazione. Per questo consigliamo di rivolgersi ad Ai.Bi. o ad altre associazioni che possano funzionare da tramite”.

La piccola Angela (nome di fantasia), 9 anni, è dotata di “un’energia straripante, a volte difficile da contenere”, dicono mamma e papà. “È una bambina vivace e allegra, nonostante le vicissitudini che ha passato: noi siamo la quarta famiglia in cui è stata collocata. Credo che abbia sviluppato una capacità di adattamento fuori dal comune e questa è un’attitudine che l’ha molto aiutata nel corso degli anni. Questi bambini hanno delle risorse notevoli e devono solo trovare un contesto tranquillo in cui farle emergere. Angela ha una passione sfrenata per la ginnastica artistica e ogni posto e ogni situazione è adatto per fare le sue evoluzioni e le sue performance. Con il tempo e la conoscenza, ci siamo anche resi conto che ha una spiccata sensibilità sia nei confronti dei pari, sia nei nostri”.

Del loro primo incontro con la bambina parlano ricordando di essere stati “emozionati e incuriositi. Angela ci era stata descritta come una bambina vivace, solare, ma anche con le sue fragilità e insicurezze, che tendeva a manifestare con comportamenti a volte maldestri. L’abbiamo vista la prima volta presso i servizi sociali, alla presenza del padre biologico. Lei provava sicuramente un certo disagio e una timidezza nei confronti di due persone che le erano sconosciute, ma alle quali avrebbe dovuto ancora una volta ‘affidarsi’. Da parte nostra, c’era curiosità, ma anche un po’ di timore di non sentirci all’altezza del compito che ci veniva dato. Poi, sono iniziati una serie d’incontri, durante i quali abbiamo fatto le cose che ritenevamo potessero coinvolgere Angela: una biciclettata al Parco di Monza e una gita al Parco delle Cornelle, cercando in quei momenti di incominciare a conoscerci ed entrare in relazione. Dopo circa un mese, Angela si è stabilita a casa nostra e forse solo allora ci siamo resi conto di che cosa significa l’affido, quando vivi veramente la quotidianità insieme, condividendo tutti i momenti della giornata e cercando di costruire nel tempo una reale situazione di fiducia reciproca, con tutte le soddisfazioni e le difficoltà che la cosa comporta”.

Oggi la famiglia è diventata più forte e più bella, proprio grazie al coraggio lungimirante di questa scelta di affido. La presenza di Angela ci ha arricchiti e completati come coppia. Non avendo noi figli naturali, molte esperienze legate ad Angela erano nuove e, chiaramente, hanno cambiato quella che era la nostra quotidianità. Ma ora la viviamo come una condizione naturale e incominciamo a renderci conto che quando Angela non sarà più con noi e rientrerà in famiglia, lascerà un grande vuoto nella nostra casa. In questo anno e mezzo abbiamo cercato di offrire ad Angela un posto sereno in cui lei avrebbe potuto trascorrere una parte importante della sua vita, rafforzarsi e vincere le sue insicurezze, stabilire delle buone relazioni amicali e vivere spensieratamente. Abbiamo cercato anche di insegnarle a rispettare quelle regole che sono indispensabili per la sua crescita e il rispetto degli altri. Sicuramente, avremo fatto degli errori e saremo stati mancanti in qualche aspetto, ma vedendo i continui progressi che Angela ha fatto e continua a fare in questo suo difficile percorso, ci sentiamo completamente ripagati e gratificati per l’impegno che abbiamo cercato di mettere in questo progetto”.