Amarcord: quando Renzi si interessava di adozioni internazionali

renzi leopoldaC’era una volta un giovane sindaco che, spinto dall’ardore di svecchiare il suo Paese, maturava giorno dopo giorno il sogno di diventare la guida politica dell’Italia. Con questo obiettivo, convocò una convention in una vecchia stazione della sua città ed espose a tutti i presenti ben 100 proposte per cambiare il Paese. Tra queste anche una espressamente dedicata a un tema molto sentito dalla nostra società, quello dell’adozione internazionale: il giovane sindaco sembrava cosciente delle potenzialità e dei limiti di questa forma di accoglienza e dichiarava di volerne eliminare i punti deboli.

C’è adesso un presidente del Consiglio che, da quando è arrivato a Palazzo Chigi, non si è praticamente mai interessato di adozione internazionale. Anzi, ha lasciato il principale organo di governo del settore nelle mani di una sola persona che lo gestisce in piena autonomia, senza mai convocare gli enti autorizzati. Nel frattempo, il numero di bambini adottati si è dimezzato in pochi anni, le aspiranti famiglie accoglienti sono sempre meno e sempre più sfiduciate e il sistema è preda della piaga dei pagamenti in nero.

Sembra incredibile, ma i due personaggi di questa storia – il giovane sindaco volenteroso e il presidente del Consiglio disinteressato – sono la stessa persona. Si tratta di Matteo Renzi, che oggi sembra non curarsi più dell’adozione internazionale, ma nel 2011, in occasione della convention organizzata presso la stazione Leopolda di Firenze, presentò le sue 100 proposte per cambiare l’Italia. Tra queste, la 91esima, era espressamente dedicata proprio all’adozione internazionale. “Più controlli sugli enti autorizzati – auspicava l’allora inquilino di Palazzo Vecchio -, anche da parte della magistratura, e anche attraverso verifiche dell’operato di tali enti in rapporto ai costi sostenuti. Ciò al fine di ridurre gli attuali pesanti oneri economici degli adottanti”.

Dichiarazioni che dimostravano come Renzi, a quei tempi – neanche tanto remoti – sembrava avere una certa consapevolezza dei problemi che cominciavano ad affliggere l’adozione internazionale. Proporre, ad esempio, di ridurre i costi degli enti attraverso interventi della magistratura è un modo neppure troppo velato per dire che probabilmente qualcuno non si comporta in modo completamente trasparente. Tutti gli addetti ai lavori, del resto, sono d’accordo sul fatto che la credibilità e il futuro stesso dell’adozione si giocano proprio sul tema della trasparenza economica. È evidente, e Renzi lo sapeva e lo sa, che dove c’è tracciabilità – ovvero pagamenti effettuati con mezzi verificabili – la trasparenza è assicurata. Dove invece entrano in gioco i contanti, tutto è possibile. E le richieste alle coppie adottive di portare soldi contanti all’estero da versare in nero costituisce quantomeno una violazione della normativa antiriciclaggio.

Per verificare il grado di trasparenza degli enti è essenziale, quindi, definire modalità di verifica comuni e uguali per tutti. Controlli che nel 2011 Renzi voleva affidare addirittura alla magistratura. In realtà si tratta di un compito che la legge già assegna alla Commissione Adozioni Internazionali che, stando al suo regolamento, dovrebbe effettuare verifiche periodiche su tutti gli enti a cadenza biennale. Peccato che proprio sotto il governo Renzi la Cai disattenda, ormai da un anno e mezzo, a questo suo dovere. Fatto ancora più grave se visto insieme a tutta una serie di altri malfunzionamenti della Commissione che l’hanno portata praticamente alla paralisi. Mentre le adozioni crollano, le coppie accoglienti spariscono e i bambini abbandonati restano tali, perdendo sempre più spesso la possibilità di trovare una nuova famiglia in Italia, uno dei Paesi tradizionalmente più accoglienti. Ma il Renzi di oggi, si sa, ha fretta di approvare la legge sulle unioni civili