Arlinda, 1 anno e mezzo: “E poi, da quel divano, ha mosso i suoi primi passi…”

Monica e Mario sono diventati genitori adottivi il 26 marzo. Di 41 e 44 anni, partiti per l’Albania e arrivati a Valona il giorno prima, sono stati subito immersi nello scintillio delle vetrine e degli alberghi di lusso; accolti con i favori della trafila riservata agli stranieri in viaggio e ai turisti. Poi, l’uscita dalla porta d’albergo, la corsa verso l’istituto per incontrare lei, Arlinda, che, dice Monica, ha «scombussolato tutta la nostra vita».

Varcano le soglie dell’istituto e penetrano in una realtà ben diversa da quella ufficiale dei menù turistici. Bambine e bambini distesi sui letti, in preda a tosse e a difficoltà respiratorie. Vedono le condizioni precarie di una struttura che in nessun modo può essere destinata ad accogliere l’intera infanzia di un minore. E hanno incontrato lei. Chiediamo a Monica cosa è successo in quel primo contatto.

«Siamo arrivati in istituto – risponde – un’impressione terribile, diversa da quella avuta muovendoci altrove in città. Ci hanno portati al suo lettino. Ci ha colpiti immediatamente per il colore biondo dei capelli, unica tra tutti i bambini. Ma non era in buone condizioni. Aveva la bronchite, non muoveva gli arti (non aveva mai camminato fino a quel momento) e li teneva in una posizione tesa e irrigidita, con le gambe aperte e divaricate. Ce l’hanno messa in braccio, e il primo impatto è stato drammatico… Senza reagire, ci guardava».

Il giorno dopo la Direzione dell’istituto, grazie all’intervento della volontaria che li ha seguiti, ha dato loro il permesso di tenere Arlinda per tutto il giorno. E via sotto il sole brillante e sulla spiaggia, a respirare l’odore del mare. Monica racconta, e le cresce il sorriso: «Le abbiamo tolto i vestiti e messo un costumino nuovo. Senza i panni in cui l’avevano avvolta era molto magra… L’abbiamo messa a mangiare, l’abbiamo portata anche dal medico per risolvere la sua faringite (ce l’avevano tanti bambini all’interno dell’istituto) e per aprirle le vie respiratorie nasali. Un antibiotico, e siamo riusciti a farle passare tutto».

Chiediamo a Monica se si aspettavano di adottare una bambina tanto piccola, di solo un anno e mezzo. «No, in effetti non ce l’aspettavamo. La mia fortuna è stata quella di avere una nipotina della sua stessa età, che andavo a trovare tutti i giorni. Così mi sono abituata presto al comportamento e al linguaggio dei bimbi piccoli. Anche mia figlia ne usava uno tutto suo, ed era preoccupante, ma da quando l’abbiamo portata con noi, è molto cambiata: non fa più certi “versi” che faceva spesso in Albania fino ai 18 mesi. A quel tempo tutto ciò che vedeva per la prima volta sentiva il bisogno di graffiarlo, era l’unico modo che conosceva per entrarci in contatto. Ogni volta che si trovava davanti a un vetro doveva guardarci attraverso per forza, per sapere se si vedevano altri bambini. Infine fissava sempre il soffitto. Oggi tutto questo è sparito. Ed è questa la cosa positiva dell’adozione di una figlia piccola: man mano cancella memorie e abitudini non ricorda più nulla del “prima”».

Finiamo chiedendo a Monica un appello ai futuri genitori adottivi. «Noi abbiamo avuto nostra figlia dopo ben 6 anni di giri per ottenere i documenti, cambi di Paesi e di governi. Bene: una volta arrivata lei, abbiamo dimenticato tutto. Alle coppie – ci sono amici ai quali abbiamo lasciato il nostro numero per consigli, aiuto e qualsiasi evenienza – consigliamo tanta pazienza: nel momento in cui abbraccerai tuo figlio, dimenticherai tutto».