Assurdo il caso della signora Sacchi! L’Inps e il Tribunale sanno chi è una mamma di una Casa Famiglia?

Ho letto la storia di Cristina e Tommaso. E’ assurdo che un avvocato dell’INPS si permetta di fare affermazioni simili prima di conoscere, evidentemente, cosa è in realtà una casa famiglia. Anche il giudice, evidentemente non è stato informato in modo chiaro in proposito. Il papà e la mamma di casa famiglia hanno un ruolo, non solo educativo, ma molto più alto, cioè genitoriale. Un genitore è una persona che prima di tutto ama i propri figli in modo speciale, come nessuna altra persona potrà mai fare. Tutte le loro sollecitudini per i figli discendono da questo sentimento specialissimo che solo chi è stato padre o madre può comprendere.

Cordiali saluti,

Paolo

 

riccardiGentile Paolo,

la sua riflessione è tutt’altro che provocatoria. Purtroppo in Italia su questi temi c’è molta confusione anche terminologica, perché la legge esistente lascia campo alle interpretazioni. La legge numero 149 del 2001 riconosce come un diritto del minore il diritto di vivere nella propria famiglia. Quando questa non può farsi carico di lui, la legge prevede la possibilità per il minore di vivere in una famiglia affidataria. Quando anche questa opzione non può essere perseguita, la norma parla di comunità “con relazioni analoghe a quelle della famiglia”. Qui si è aperto un varco con un ventaglio di possibilità. Con la conseguenza che ciascuna Regione ha fatto normativa a sé. Nel caso specifico della Lombardia, la Casa Famiglia è quella formata da una famiglia residente. Nonostante questo, il Tribunale per i Minorenni non ha riconosciuto alla mamma della Casa Famiglia il ruolo di mamma che volontariamente e gratuitamente si è assunta nei confronti di bambini temporaneamente allontanati dalla loro famiglia. Di conseguenza  non ha riconosciuto i benefici previsti per i genitori affidatari ’semplici’, ma l’ha considerata alla stregua di un operatore. Invece di premiare la maggior disponibilità, è stato posto un ostacolo alla generosa accoglienza di questa famiglia e di quelle che potrebbero darla. Di qui l’auspicio del riconoscimento giuridico delle case famiglia il prima possibile a livello nazionale per superare il vulnus dell’attuale normativa.

Cordiali saluti,

Cristina Riccardi

Membro del consiglio direttivo di Ai.Bi. e referente politico per il settore Affido