Asylum: il fondamento di Roma

Mimmo_Paladino_Porta_di_Lampedusa_porta_europa_01È tramonto ed è sera. Sto per chiudere tutto e andare a casa. Nel cassetto le azioni incompiute della giornata, che aspettano di essere portate a senso domani, con speranza, con fiducia verso il futuro e verso il prossimo. Ancora qualcosa mi trattiene tra le stanze dell’ufficio. Ascolto i Radiodervish che cantano l’amore struggente e infelice di Tancredi e Clorinda.  Fuori nel cortile il suono gracchiante di una persiana e il cielo che sembra una azulejo di lapislazzuli quarzo e ambra… così sul petto con il suono di una viola, mi arriva quieta e grande la saudagi per quella speciale amazzone di Lampedusa che tu sei. Veronica, mentre ti scrivo ti guardo nelle parole che hai affidato ad Ascanio Celestini mesi fa… https://youtu.be/WluIIAdQaxo Ti guardo, ti riguardo, vi ascolto…. Sono passati mesi da quando ti ho incontrata in occasione di “Sabir” che non è stato solo un evento, un festival, ma il punto di partenza per l’affermazione del diritto a uno sguardo nuovo sull’immigrazione. Sabir, si legge nel sito dedicato, also known as the lingua franca of the Mediterranean, was a pidgin idiom spoken in all the ports of the Mediterranean, from Middle Age to the end of the nineteenth century. Sabir included words from many Mediterranean languages. It was an auxiliary idiom that helped merchants to communicate among them. Sabir era la lingua franca del mediterraneo, dei navigatori, dei commercianti, un felice saccheggio di idée, modi di vivere, sapori, sentimenti… Come vorrei Veronica saccheggiare tutto il mondo per regalare a tutti la altrui felicità e farne scoprire di sempre nuova e divertente. Veronica, che cosa posso dirti. Alcuni giorni sono un po’ tanto amari perché sono in tanti gli urlatori della fine del mondo, in molti a voler salire sull’arca di Noe’, alcuni a professare il cambiamento, pochi a realizzarlo. Veronica che asciuga il volto dalle lacrime di tanti.. ti sento dire in quella registrazione “Grazie” È il sentimento di chi arriva, rischia di morire, per cominciare. Tu vedi arrivare barche strapiene di persone che non si reggono in piedi, che appena scendono ti svengono perché toccano terra… Dal loro sguardo capisci di cosa hanno bisogno: vestiti asciutti, qualcosa da mangiare… non riuscire a parlare con loro è difficile. Ma non c’è bisogno di parole per raccontare un’esperienza… Dentro una borsa una storia. Fotografie… Ma come ti aiutiamo noi da qui? Dal continente? Celestini chiude il tuo video con numeri e constatazioni da paura. Fanno tutti a gara a  contare quelli che sbarcano, pronti  a gridare all’invasore… ma quanti sono quelli che non sono arrivati… i suoi dati, aggiornati al 14 settembre 2014, basati sulle notizie censite negli archivi della stampa internazionale negli ultimi 26 anni dicono che  dal 1988 sono morte 21.344 persone – Il dato reale potrebbe essere molto più grande. Madre che dal Marocco o dallo Sri Lanka ti starai chiedendo dov’è tuo figlio … ovunque tu sia, Madre, siamo qui ogni giorno, per testimoniare l’accoglienza, per abbracciare tuo figlio, per tendergli braccia e mani umane. Oltre il pregiudizio. Siamo qui, con  i piedi saldi alla terra e con lo sguardo sul mare, per far si che la voce salutare dell’Italia in salute possa risuonare fragorosa e forte. Occorre tempo, Madre, occorrono braccia sane e libri buoni per scrivere giuste leggi. Occorrono saggi e potenti che vogliano ascoltare e navigare qualche miglio con te, dentro quel cielo dove tu spietatamente ficchi gli occhi ogni giorno per aspettare che da qualche stella ti piombi addosso una buona novella, che non arriva e che tarda ad arrivare. Madre.. e dove sta mai di casa la nostalgia, quella che ti mangia viva… io lo so. E tanti come me. Lo sanno e ci sono. Pazienza, Madre, abbi pazienza, abbi tanta pazienza. Ecco… il cielo fuori è diventato buio e proprio mentre sto concludendo queste quattro parole  del mio diario, arriva una cartolina dedicata a voi, Veronica e Madre. A scrivermi è Paola Suraci, fondatrice dell’associazione Otium, che abbiamo avuto ospite nella rassegna mensile “Pane e Olio”, lo scorso 4 marzo. Le avevo chiesto un appunto su delle cose molto interessanti che ci aveva raccontato.. e che qui vi restituisco, a voi e  Roma, perché anche ricordare da dove veniamo ci fa bene.  I luoghi in cui siamo ci danno il nostro rapporto tra noi e il mondo: se li osserviamo e li penetriamo con lentezza ci fanno scoprire frammenti di nuove possibilità di esistenza. In nessuna città come Roma è possibile sperimentare tanti linguaggi architettonici e tante epoche: la grandiosità della città antica dove le rovine diventano una sublime sintesi tra natura e storia, gli spazi medievali in cui ogni elemento riflette il mondo trascendentale ed è ricerca del divino, le sensuali scenografie urbane barocche….. ogni angolo reca una piccola grande testimonianza di oltre 2700 anni ininterrotti di storia. In assoluto però c’è un luogo dove mi piace idealmente accogliere le persone e iniziare un racconto fatto di storia che portato all’attualità diventa un intreccio di vite, attese e desideri: piazza del Campidoglio. Lì, tra le linee architettoniche michelangiolesche che fanno sentire l’uomo al centro del cosmo, protagonista dell’agire e della storia troviamo un aspetto unico delle origini della nostra città. A risarcire con l’immaginazione ciò che è stato corroso dal tempo e a tornare indietro di tanti secoli potremmo ritrovare le parole di Plutarco che nella vita di Romolo scrive: <<quando la città ebbe il suo primo insediamento, istituirono un luogo sacro per accogliere i fuggitivi, e lo posero sotto la protezione del dio Asilo: vi ricevevano tutti, non restituendo lo schiavo ai padroni, né il povero ai creditori, né l’omicida ai giudici; anzi, proclamavano che in seguito a un responso dell’oracolo di Delfi avrebbero concesso a tutti il diritto di asilo. Presto la città si riempì di abitanti.>>. Ebbene il luogo in cui i fuggitivi trovavano la protezione del Dio Asilo era una vallata che corrisponde all’attuale Piazza del Campidoglio. La Roma antica ci consegna un messaggio che attraverso i secoli disegna l’unico futuro possibile: una grande civiltà si costruisce solo attraverso l’accoglienza di genti, culture, religioni . . . Nessuna città al mondo vanta queste origini. E’ bello pensare come l’espressione dare “asilo” abbia attraversato il tempo: a noi la sfida di non farne smarrire le origini. L’Asylum oggi  diventa quel luogo ideale di incontro di culture, popoli, religioni in cui ognuno, arrivando nel nostro paese possa scoprire nuove e infinite possibilità di esistenza. Ecco, questo noi siamo e da spugna errante te lo voglio donare. Questo Asylum, Madre, ti dia la forza per credere in noi

Marzia Masiello

Responsabile relazioni istituzionali di Ai.Bi.

In questo particolare momento di emergenza, chiediamo ai nostri sostenitori e ai nostri lettori di aderire alla nostra campagna “Bambini in alto mare”, attivando un Sostegno a Distanza per garantire la giusta accoglienza di queste persone che scappano dalle minacce che scaturiscono dalle guerre presenti nei loro territori.