Sbravati (Genoa): “Bambini adottati in squadra? Occasioni di crescita anche per l’allenatore”. De Paoli (Brescia): “Ma nel settore giovanile servirebbe una figura competente di adozioni”

michele sbravati-400x251Non chiamatele outsiders. I piccoli campioni di Brescia e Genoa sono pronti a dare sportivamente battaglia anche ai loro coetanei di società più quotate, come Inter e Milan, per tentare di conquistare la XII edizione del torneo “Amici dei Bambini”. La manifestazione, quest’anno riservata ai giovanissimi calciatori della categoria Esordienti 2003, domenica 12 giugno vivrà il suo ultimo atto sui campi dell’Unione Sportiva Aldini Bariviera, a Milano. Dopo i gironi eliminatori, che hanno visto protagoniste 24 formazioni, siamo giunti alle fasi finali che vedranno protagoniste 4 squadre che hanno superato il primo turno e altrettante società professionistiche. Tra loro anche piccoli Rondinelle e Grifoni: i primi incontreranno l’Accademia Inter, mentre ai secondi toccherà affrontare i padroni di casa dell’Aldini. Questi ultimi, anche quest’anno, hanno deciso di unire la passione per il calcio alla lotta all’abbandono. Il torneo “Amici dei Bambini” è infatti una grande occasione di solidarietà. Per l’edizione 2016, infatti, la società del presidente Massimiliano Borsani ha deciso di devolvere il ricavato del torneo alla campagna Fame di Mamma di Ai.Bi., per la prevenzione e la lotta all’abbandono in Italia.

A tenere le redini dei settori giovanili di Genoa e Brescia sono rispettivamente Michele Sbravati  e Massimo De Paoli. Il primo è stato calciatore nelle fila, tra le altre, dello stesso Genoa e del Siena. Il secondo, invece, ha allenato per circa 20 anni le formazioni giovanili delle Rondinelle, prima di un’esperienza di 5 anni all’Inter, per poi tornare a Brescia.

 

Che peso specifico può avere, secondo la vostra esperienza, uno sport come il calcio nel processo educativo di un bambino?

Sbravati: Anche se nel calcio l’aspetto agonistico ha sempre la sua rilevanza, una corretta formazione calcistica permette di educare sia i ragazzi che le loro famiglie alla socializzazione e alla capacità di aggregazione.

De Paoli: Se affrontato correttamente, lo sport ha sicuramente un ruolo primario nella formazione dei bambini: il calcio è infatti un modo ludico per imparare le regole, per interagire con gli altri e per raggiungere i propri obiettivi. Insomma: per crescere a tutti gli effetti.

 

depaoli_1Come operano le vostre società nell’ottica di fare del calcio un sempre più efficace strumento formativo per i minori?

S.: Al Genoa portiamo avanti da tempo due progetti specifici in questo senso. Il primo è il Genoa Future Football che vede coinvolte molte società affiliate sia in Italia che all’estero e che favorisce l’incontro tra diverse culture. Il secondo è la Values Cup, la “coppa dei valori”, che organizziamo per i ragazzi delle scuole.

DP.: Nella nostra società investiamo particolarmente sulla formazione degli allenatori. Al momento abbiano 23 tecnici che frequentano dei corsi interni ideati apposta per dare spazio anche ai giovani in possesso di laurea in Scienze motorie, di patentini e di qualifiche specifiche. In questo modo riusciamo a creare il giusto mix tra esperienza e gioventù.

 

Nella vostra carriera di allenatori e di dirigenti vi sarà di certo capitato di formare anche ragazzi adottati. Che ruolo può avere il calcio nella loro integrazione nel Paese di accoglienza?

S.: Direi di reciproco arricchimento tra allenatori, famiglie e ragazzi. Nel settore giovanile, infatti, tentiamo sempre di affiancarci ai genitori nell’aiutare i bambini adottati a integrarsi nella società.

DP.: L’adozione comporta un grande amore, ma anche delle difficoltà, legate soprattutto all’identità, al desiderio di riallacciare un legame con il Paese di origine che a volte si affaccia nei ragazzi e che a volte contrasta con l’affetto dei genitori adottivi. Per aiutare i bambini adottati nelle società di calcio, in Italia dobbiamo fare ancora molti passi avanti. L’allenatore da solo non può fare miracoli. Servirebbe affiancargli uno staff competente in materia, capace di accompagnare davvero il ragazzo adottato nel suo processo di integrazione.