Btp e buoni postali fuori dall’Isee: come potrebbe aumentare l’importo dell’assegno unico per i figli?

A quanto pare, la Manovra 2023 prevede l’esclusione dei titoli di Stato dal patrimonio mobiliare che incide sull’indicatore della situazione economica familiare. Chi possiede questi titoli potrebbe beneficiare di una maggiore prestazione per i figli a carico

Torniamo a parlare della proposta della Manovra 2023 di ridurre l’Isee, l’Indicatore della situazione economica familiare, in caso di investimento in Btp, qui.
La novità della Manovra consiste nell’esclusione dei titoli di Stato italiani, come i Btp e i buoni postali, fino a un limite di 50 mila euro, dal calcolo dell’Isee. Come conseguenza, sarà possibile beneficiare di maggiori prestazioni assistenziali o agevolazioni, come l’assegno unico per i figli a carico.

Come cambierebbe l’Assegno Unico

La novità avrà effetti soprattutto sull’assegno unico, la prestazione universale che viene erogata a tutte le famiglie con figli a carico.
L’assegno unico varia in base all’Isee, all’età dei figli e ad altri fattori. Più basso è l’Isee, più alto è l’assegno. Quindi, chi avrà Btp e buoni postali potrebbe ricevere un assegno unico più alto, a parità di altri redditi.
Per sapere quanto spetta a ciascuna famiglia, è necessario consultare le tabelle degli importi dell’assegno unico, che sono suddivise in diverse fasce di Isee.
Gli importi vanno da un massimo di 189,2 euro per ciascun figlio minore con Isee fino a 16.215 euro, a un minimo di 54,1 euro per ciascun figlio minore in assenza di Isee o con Isee pari o superiore a 43.240 euro.
Gli importi possono essere maggiorati in caso di nuclei numerosi, madri giovani, figli con disabilità o di età inferiore a tre anni.

In assenza di Isee

Per richiedere l’assegno unico, è necessario presentare la domanda online sul sito dell’Inps, allegando l’Isee valido. Se non si ha l’Isee, si può presentare la domanda lo stesso, ma si riceveranno gli importi minimi. In seguito, se si ottiene l’Isee entro il 30 giugno, si potrà avere la differenza tra gli importi minimi e quelli commisurati all’Isee, con decorrenza retroattiva.