Care: questi i criteri per essere nominati rappresentanti delle famiglie adottive nella Commissione Adozioni Internazionali

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Chiarezza e trasparenza nei criteri per la designazione dei rappresentanti delle associazioni familiari a carattere nazionale da nominare nella Commissione Adozioni Internazionali. Le chiede il Care (Coordinamento delle associazioni familiari adottive e affidatarie in rete) in una lettera inviata al premier Matteo Renzi in seguito alla pubblicazione del Decreto del Presidente del Consiglio del 13 marzo 2015. Quest’ultimo fissa le caratteristiche che devono avere i soggetti designati dalle associazioni familiari quali componenti della Cai: qualificata esperienza nella tutela dei diritti dei minori e della famiglia, nelle adozioni o nell’affido, oltre che idonee qualità morali. Si fissano inoltre, in maniera piuttosto generica, i paletti che limitano la possibilità di essere designati come componenti della Cai in merito a rapporti tra associazioni familiari ed enti autorizzati.

Il decreto, secondo il Care, lascia tali criteri avvolti in una eccessiva incertezza, così come non esplicita bene la tipologia e la natura dei rapporti tra i vari attori del sistema adozioni che possano generare dubbi di imparzialità in ragione di potenziali conflitti di interessi.

Oltre a invocare l’eliminazione delle “gravi carenze” nei criteri di nomina dei rappresentanti delle associazioni familiari nella Cai, il Care avanza delle proprie proposte. Ispirandosi a quanto già fatto dal ministero dell’Istruzione per l’accesso al Forum nazionale delle associazioni dei genitori della scuola, il coordinamento propone che per la Cai vengano designati rappresentanti delle associazioni familiari che rispettino questi criteri: presenza in non meno di 5 regioni, costituzione da non meno di 3 anni, numero di associati non inferiore a 2mila famiglie o genitori. Solo così, infatti, si garantirebbe la presenza in Commissione di rappresentanti di associazioni effettivamente operanti sul territorio nazionale. Il Care, inoltre, raccomanda una puntuale verifica della trasparenza contabile, oltre che delle attività sul territorio e del curriculum associativo dei diversi sodalizi familiari.

Il Coordinamento chiede anche che il processo  di collaborazione fra i vari soggetti attivi nel settore dell’adozione (servizi sociali, tribunali, enti autorizzati, associazioni familiari) non sia ostacolato, ma stimolato e valorizzato “al fine di amplificare gli effetti positivi che la rete può generare sulle famiglie adottive”. Esempio di questa proficua collaborazione è la promulgazione, nel dicembre 2014, delle “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni adottati”, frutto dell’impegno congiunto dello stesso Care e del Miur. “Riteniamo che tutto questo possa essere fatto virtuosamente – spiega ancora il Care – definendo con cura i rapporti intercorribili tra soggetti di varia entità (Enti Autorizzati e Associazioni Familiari) al fine di migliorare la trasparenza di rapporti in seno a organismi quali la Commissione per le Adozioni Internazionali”.

Il decreto in questione, invece – scrive la presidente del Coordinamento Monya Ferrittinon puntualizza la tipologia di rapporti da evitare tra soggetti coinvolti, “nel generico riferimento a convenzioni e collaborazioni tra entità”. Ciò in contrasto, evidenzia il Care, “con i principi della legge 328/2000” che “valorizza il ruolo attivo delle famiglie nella formazione di proposte e progetti per l’offerta dei servizi e nella valutazione dei medesimi”.

 

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