Cassazione. Il problema delle adozioni oggi? Non l’apertura alle coppie gay, ma la gestione fantasma della Cai

giudice canzioFuori bersaglio. È la sintesi del coro di proteste arrivato dalle associazioni che si occupano di adozioni. E non si può che comprendere il malessere. L’uscita del primo presidente di Cassazione, Giovanni Canzio, che ha sollecitato il Parlamento a varare una legge favorevole all’adozione omogenitoriale, si fonda infatti su due equivoci. Il primo è che il «preminente interesse dei minori» senza famiglia possa essere soddisfatto aprendo le adozioni alle persone omosessuali. Sarebbe un autentico capovolgimento della realtà. I problemi dei minori senza famiglia» —al di là dell’esultanza subito manifestata delle associazioni arcobaleno- non saranno risolti dal soccorso delle coppie gay. Non se ne avverte la necessità innanzi tutto dal punto dei numeri. Per quanto riguarda l’adozione nazionale, ci sono in media più di dieci coppie in attesa per ogni bambino adottabile. Per l’adozione internazionale invece il crollo delle richieste delle pratiche portate a termine – meno di 2mila nel 2016, erano oltre 4mila solo nel 2011 – fa pensare che tutto questo spinoso pianeta sia da rivedere profondamente, con interventi di spessore sul piano culturale e legislativo,tali da risolvere la stasi incomprensibile in cui è sprofondata, da oltre tre anni, la Commissione per le adozioni internazionali.

Abbiamo più volte raccontato non solo i gravi disagi sopportati dalle famiglie che, nonostante tutto, si incamminano coraggiosamente sul lungo e tortuoso percorso dell’adozione internazionale, ma anche le crescenti diffidenze suscitate da questa gestione fantasma nei confronti dei Paesi da cui potrebbero arrivare i bambini. Senza ignorare il fatto che, tra i minori che continuano ad arrivare, sono in numero crescente quelli con problemi di disabilità e di equilibrio psico-fisico. Situazioni complesse da gestire anche per coppie che hanno alle spalle una lunga esperienza genitoriale. Per fare i conti con questa realtà non servono auspici dettati dall’ideologia né ipotesi antropologiche fondate su supposti ancora vacillanti sul piano educativo e, ancora più, su quello dei percorsi generazionali. E qui si apre il secondo equivoco innestato dalle parole di Canzio. Come è possibile che, di fronte a un quadro segnato da tanta incertezza, si possa già delineare l’impostazione culturale di una legge? Come è possibile trascurare il fatto che, per bambini e ragazzi nel cui passato già ci sono situazioni di pesanti sofferenze, sarebbe il caso di escludere  ambiti familiari tanto alternativi e, almeno statisticamente, più incerti e precari? Ignora il primo presidente di Cassazione che in tutti i tribunali sono in aumento i cosiddetti fallimenti adottivi? Insomma, una complessità tale chiama  a conciliarsi con un auspici odi genitorialità a senso unico,in ciii la tutela delle fragilità soccombe di fronte al politicamente corretto.