“Ci sono coppie che devono essere fermate”

Didi scrive:
Ci sono coppie che si avvicinano all’adozione per motivi completamente errati, e devono essere fermate per il bene del bambino. Non si dovrebbe invece a mio avviso selezionare in base al reddito familiare, o a quanto sei magro o giovane, o se sei in perfetta salute. Io dico invece: basta dire che questa cosa deve andare in mano solo agli enti. Questo potrebbe succedere solo con dei presupposti, primo tra i quali quello più “terra terra” ma non poco importante, ossia che coloro che lavorano negli enti devono percepire uno stipendio dallo Stato o chi per lui, sempre uguale, indipendentemente da quante coppie “accompagnano”. Gratuità per le coppie quindi, totale! E questa purtroppo è un’utopia. Niente può essere legato ad un interesse economico. Quello che c’è in gioco è troppo importante per affidarlo ad enti che, per quanto seri, anche se poco, guadagnano in base al numero di coppie che hanno. Inoltre è sempre possibile che un ente, anche in buonafede, faccia una selezione di altro tipo… religioso, ad esempio. Sono quasi tutti enti a forte impronta cattolica. Una volta avuta l’idoneità posso scegliere se mettermi in mano ad un’associazione “talebana” o meno, ma intanto sono idoneo e sta a me poi scegliere l’ente più adatto per me. Sinceramente quando l’idoneità la dà un ente pubblico sono più tranquilla, ma farei molti cambiamenti sulle persone in primis e poi sui tempi.

Cara Didi,

le cose da dire sono due. Lei parte da un’idea di selezione conforme alla cultura dominante nell’adozione internazionale. Quella stessa cultura che, lo affermiamo dopo più di 25 anni di esperienza sul campo, va messa decisamente in discussione se vogliamo che non inghiotta la nostra capacità di fare accoglienza.

La invitiamo a riflettere su un punto: se è il caso di selezionare e scartare una coppia che si è vista come padre e madre di un figlio non loro, o se tale coppia vada valorizzata e seguita secondo un percorso di accompagnamento genitoriale.

Allo stesso modo, vorremmo invitarla a riflettere su un altro punto. In uno scenario di adozione internazionale che tenga conto della realtà delle cose, si trova al momento qualcuno incaricato di accompagnare le coppie alla maturazione dell’accoglienza. Se la questione è accompagnare, probabilmente l’unico attore in grado di farlo è attualmente l’ente autorizzato: e il più qualificato è l’ente privato, non certo quello pubblico, laddove sia ben organizzato e quindi più efficace.

Tutto questo lo diciamo perché le coppie italiane sono risorse importanti per l’accoglienza del minore straniero abbandonato, una volta percepito con chiarezza il valore dei flussi di abbandono nel mondo, misurabili in volumi di milioni di abbandoni l’anno (5 milioni, secondo le stime Unicef).

Vedere le coppie come risorse. Questa è la rivoluzione culturale che vogliamo mettere alla base del nuovo modo di concepire l’adozione. Un ultimo accenno: vogliamo assicurarla che, perfezionata con il contributo dei firmatari e resa più efficiente, la proposta di gratuità è tutt’altro che un’utopia. Se lo vogliamo, possiamo arrivarci.

Antonio Crinò, direttore generale di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini