Cina. Stop alla politica del figlio unico: per rilanciare lo sviluppo via libera al secondo bebè per ogni coppia

cina due figliLa Cina abolisce la politica del figlio unico. Dopo 37 anni le coppie potranno mettere al mondo due bambini. Non di più, però, a dimostrazione del fatto che la pianificazione delle nascite non è interrotta del tutto, ma solo allentata. Generare un secondo figlio, tuttavia, non è solo una possibilità: è caldamente consigliato. Lo ha deciso giovedì 29 ottobre il governo di Pechino al termine del quindi Plenum del Comitato centrale del Partito Comunista da quando è presidente Xi Jinping.

La motivazione principale di tale scelta è socio-economica. La fase di crescita appare ultimamente molto rallentata, la popolazione invecchia velocemente e la forza lavoro si sta pericolosamente restringendo. Qualcosa in più di campanelli d’allarme per un Paese che  da “fabbrica del mondo” vuole diventare “mercato del pianeta” secondo logiche capitalistiche. Gli operai devono trasformarsi in manager, i villaggi rurali in metropoli hi-tech, il comunismo proletario in capitalismo di Stato. Insomma, non servono semplicemente più cinesi: occorrono giovani e propensi al consumo. L’obiettivo dichiarato è un incremento di 10 milioni di neonati all’anno fino al 2020, il minimo per sostenere la grande urbanizzazione del Paese.

La politica del figlio unico entrò in vigore nel 1979 con Deng Xiaoping, ufficialmente per contenere la popolazione considerata eccedente rispetto alla pianificazione delle risorse. Salvo rare eccezioni, consentiva un solo figlio per coppia. Alla Cina di quei tempi servivano braccia per l’agricoltura. Il risultato è stato drammatico. La predilezione per il figlio maschio e la conseguente preselezione sessuale ha portato il grande Paese asiatico a essere quello con il più forte squilibrio tra i sessi. Le statistiche segnalano un rapporto  di 118 maschi ogni 100 femmine, che nei villaggi rurali raggiunge il picco di 135 a 100. In 36 anni gli aborti forzati in Cina sarebbero stati 336 milioni, senza contare le drammatiche proporzioni del fenomeno dell’abbandono delle neonate.

Oggi il tasso di natalità cinese è il più basso del mondo: 0,8%. Ogni famiglia genera 1,18 neonati, contro i 2,5 a livello mondiale. Gli over 60 sono già oltre 200 milioni e si prevede che saliranno a 430 milioni nel 2050. Si tratta dell’invecchiamento più rapido della storia e il Paese ha bisogno di giovani operai che mantengano i genitori anziani. Anche perché, al ritmo attuale, nel 2030 la Cina avrà 67 milioni di lavoratori in meno e 210 milioni di pensionati in più.

Un’inversione di tendenza era quanto mai necessaria. Un’urgenza che il governo di Pechino ha già avvertito tempo prima dell’abolizione della politica del figlio unico che rappresenta solo il punto conclusivo di una rivoluzione voluta da Xi Jinping. Già da gennaio 2014, infatti, le coppie in cui uno dei componenti fosse figlio unico avrebbero potuto iniziare a presentare domanda per mettere al mondo un secondo figlio. Questa prima liberalizzazione, però, ebbe risultati modesti. Solo 7 coppie su 10 hanno approfittato della concessione. In termini assoluti ciò si è tradotti in soli 30 milioni di cinesi in più in 2 anni. Dal 1979 a oggi, evidentemente, si è radicata anche in Cina una certa mentalità anti-natalista tipica dell’Occidente.

Ora, la necessità di prevenire lo stallo del processo di sviluppo ha convinto il governo di Pechino a rivedere definitivamente la controversa normativa e approvare un nuovo regolamento che permette a tutte le coppie di avere due figli.

 

Fonte: La Repubblica