Condanna del Vaticano alla RU486 : “La decisione di estenderne la pratica non può che risultare sconcertante”

L’aborto farmacologico cerca di silenziare la verità scientifica della relazione biologica, immunologica, ormonale e psicodinamica, che sin dal primo istante del concepimento, si crea tra l’embrione, ossia il figlio, e sua madre.

Professore, a chi devo dire che sto soffrendo come se avessi perso un figlio di 1,70 metri e 70 kg, invece di un embrione di 12 mm?”.

Così Giuseppe Noia, Docente di Medicina prenatale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma si è sentito rispondere da una donna, che a causa di un aborto spontaneo, aveva appena perso il suo bambino al 2 mese di gravidanza.

Ed è sempre il Dottor Giuseppe Noia l’autore dell’articolo pubblicato sull’Osservatore Romano, nei giorni scorsi, dedicato alla decisione del ministro della salute di estendere la possibilità di assunzione della pillola abortiva RU486, fino alla nona settimana di gestazione e senza ricovero obbligatorio.

Ne riportiamo alcuni stralci.

La semplicità dell’assunzione di una pillola, senza il successivo controllo medico che possa monitorare l’evento abortivo e le eventuali complicanze che ne potrebbero derivare, è quanto di più banalizzante e, nel contempo, quanto di più devastante sul piano psicologico per la relazione che si stabilisce fin da subito tra madre e figlio”, sottolinea il docente di medicina prenatale.

Anche se la donna non vede con gli occhi del corpo il proprio bambino, lo vede e lo sente con gli occhi dell’anima; il detto ‘lontano dagli occhi, lontano dal cuore’ non è assolutamente vero in questa condizione – scrive nell’articolo, Noia, – La donna percepisce la presenza di un figlio fin da subito e questa percezione è indipendente dalle sue dimensioni in centimetri e in grammi; piuttosto è proporzionale alla ‘presenza’ del figlio – continua – L’aborto farmacologico cerca di silenziare la verità scientifica di questa relazione biologica, immunologica, ormonale e psicodinamica, che sin dal primo istante del concepimento, si crea tra l’embrione, ossia il figlio, e sua madre”. 

La relazione tra mamma e bambino è fin da subito fortissima

Eppure l’intima relazione che si crea tra la madre e il proprio figlio è da subito fortissima, lei lo nutre e lo sostiene, in un meraviglioso rapporto che la scienza chiama simbiosi materno – fetale.

Proprio per questo la decisione di mettere fine alla vita del proprio bambino, non può essere realmente semplice, come spesso si sente raccontare in questi ultimi giorni, né sul piano fisico, a causa del dolore, delle emorragie che possono verificarsi anche per più giorni, né sul piano psicologico, perché assistere da sola, all’agonia e alla morte del proprio figlio e vedere con i propri occhi l’embrione espulso dal proprio corpo, continua a rimanere un avvenimento lacerante.

Così è raccontato da alcune donne la cui tragica esperienza è riportata dall’Osservatore Romano:

Mi hanno assicurato che sarebbe stata una cosa semplicissima. E invece stavo malissimo: ho avuto contrazioni per 5-6 ore, vomitavo, ero completamente disidratata. Ho pensato che stavo per morire”.

E ancora…“Prima di dare la pillola abortiva devono essere chiari, si deve sapere a cosa si va incontro. Non si può assolutamente fare intendere che è come prendere l’aspirina” .

È doloroso constatare come sul piano psico-sociale, dinanzi alla cultura dello ‘scarto’, siamo in presenza di una sclerocardia così grande e di un silenzio passivo, che sembra renderci tutti incapaci di agire di fronte agli attacchi sempre più violenti contro la vita debole e fragile di tanti piccoli innocenti” dichiara il dottor Noia.

Se almeno ricominciassimo rimettendo le parole al loro posto e chiamando con il loro nome questi piccoli che il Signore affida alle cure delle loro mamme, forse potremmo diventare consapevoli del fatto che non siamo i padroni onnipotenti della vita, perché tutti siamo figli  – continua il docente – e quelli che stanno nel grembo delle donne sono i nostri fratelli più piccoli, i fratelli che il Padre ci ha affidato, perché li ha amati e desiderati, chiedendo anche a noi di accoglierli e amarli”.