Corridoi umanitari, ora anche per gli universitari. Ma per i bambini abbandonati?

Si torna a parlare di corridoi umanitari, grazie al discorso di Draghi alla Camera e alla riapertura di quelli organizzati dalla CEI. Ma nessun progetto si vede all’orizzonte per i MISNA. E l’appello di Ai.Bi. rimane inascoltato

Dopo il giusto e doveroso discorso del Presidente del Consiglio Mario Draghi alla Camera dei Deputati, in vista del Consiglio europeo, si sono riaccesi i riflettori sui corridoi umanitari. La richiesta del Governo è che la questione non sia lasciata in gestione solamente all’Italia, ma arrivi finalmente un’intesa europea sulla gestione dei flussi migratori e sull’aiuto che può essere dato ai Paesi d’origine per arginare il fenomeno delle partenze e, soprattutto, sviluppare progetti che mirino alla pace e la stabilità.

L’impegno di Draghi e dell’Italia sul tema dei corridoi umanitari

“Intendiamo intensificare partenariati e forme di collaborazione con i Paesi di origine e di transito, in particolare con i Paesi africani” – sono le parole di Draghi riportate da Agenzia SIR. “Lo scopo è quello di evitare perdite di vite umane ma anche di contrastare le partenze illegali, nonché di ridurre la pressione sui confini europei”.

Alle parole hanno fatto presto seguito i fatti, per quanto riguarda l’Italia, con i corridoi umanitari della CEI che, dopo il lungo stop dovuto alla pandemia, hanno ripreso a condurre nel nostro Paese, in sicurezza, le persone più vulnerabili bloccate nei campi profughi o negli alloggi per i rifugiati, perseguitate in patria e in fuga da conflitti.

Corridoi umanitari per chi è in fuga dalla guerra e gli studenti universitari. E i minori non accompagnati?

La CEI, per mezzo della Caritas Italiana, Migrantes e le comunità locali, ha organizzato partenze da Medio Oriente e Africa portando al sicuro 1.100 persone negli ultimi quattro anni. Numeri simbolici, visto il bisogno che c’è, ma comunque importanti per dare un segnale e, comunque, provare a dare una speranza di futuro a più di mille persone.
Nel contempo si stanno riattivando anche i corridoi umanitari previsti per gli studenti universitari all’interno del progetto University Corridors for Refugees, cui aderiscono diversi atenei italiani.

Segnali positivi e confortanti, certo. Peccato che in tutto questo quadro si percepisca una grande mancanza: un programma di corridoi umanitari per i minori abbandonati. I numeri, in questo caso, sono impietosi, tanto che non esistono nemmeno conteggi ufficiali in grado di dire quanti siano nel mondo. L’unica certezza è che i cosiddetti MISNA (Minori Stranieri Non Accompagnati), senza una famiglia, sono tantissimi e, per loro, corridoi umanitari non sono previsti in modo ufficiale, con il risultato che periodicamente si ripropongono stragi in mare, mentre l’appello rivolto già da tempo da Ai.Bi. rimane inascoltato. Quanto ancora bisognerà aspettare? Quanti corpi ancora dovremo raccogliere sulla spiaggia, portati dalle onde, prima che si decida di intervenire davvero?