Crisi demografica, mai così male dal 1861: nel 2015 meno di 500mila nati in Italia

culle vuoteIl crollo demografico italiano sembra non avere alcuna intenzione di fermarsi. Se già nel 2014 l’Istat certificò come i 509mila bambini nati nel corso di quell’anno rappresentavano il picco minimo di natalità mai registrato dal 1861, il 2015 con tutta probabilità ha fatto ancora peggio. Per la prima volta il 154 anni di storia unitaria, infatti, i nuovi nati potrebbero essere stati meno di mezzo milione.

Ne è convinto il ricercatore Marcantonio Caltabiano dell’Università di Messina, dove insegna Demografia e Teorie della popolazione e dove conduce ricerche sulla bassa fecondità, sulle modificazioni nel tempo dei corsi di vita e sulla storia della popolazione italiana.

Conti alla mano, secondo Caltabiano, pare molto difficile che l’anno appena trascorso sia riuscito a “sfondare” il muro delle 500mila nascite. Nei primi 8 mesi, infatti, sono stati conteggiati circa 319mila neonati, circa 8mila in meno dello stesso periodo del 2014, quando da gennaio ad agosto vennero al mondo in Italia 327mila bebè. “Anche se tendenzialmente nel periodo autunnale nascono più bambini rispetto alle stagioni precedenti – spiega il ricercatore siciliano -, a meno che non ci sia stato un improvviso rialzo, è difficile che possano esserci stati 190mila nati negli ultimi 4 mesi. L’ipotesi più probabile è che il conteggio dei nuovi nati del 215 si fermi attorno a quota 490mila, nuovo minimo storico dal 1861 a oggi.

Un dato allarmante, ma che – cosa se vogliamo ancora più grave – non sorprende più di tanto gli esperti. “E’ un dato che ci aspettiamo da anni – chiarisce Caltabiano -, visto il costante calo delle nascite. Dal 1995 c’era stata una ripresa che ha toccato il massimo tra il 2008 e il 2010, per poi ricominciare a scendere”.

La crisi demografica non riguarda strettamente solo il mondo dell’infanzia, ma è un problema che investe tutta la società. A cominciare dagli aspetti economici. “In Italia sono i giovani lavoratori che versano i contributi con cui si pagano le pensioni – spiega il ricercatore -. Se sono sempre meno, le pensioni dovranno essere finanziate in altro modo, altrimenti l’Inps aumenterà i propri debiti e lo Stato dovrà ripianarli”. E le conseguenze non risparmieranno il mondo del lavoro: “Con meno bambini ci saranno meno classi e quindi potrebbero servire meno insegnanti, meno bidelli e via dicendo”, conclude Caltabiano.