Cristina Maggia, Presidente AIMMF: “Stiamo lottando per evitare la soppressione dei Tribunali per i minorenni”

Intervista a tutto campo al Presidente dell’Associazione Italiana Magistrati Minorenni e Famiglia: “Testimonio la bellezza di un lavoro che, nei suoi vari aspetti, non distrugge ma, provando a riparare ferite, restituisce speranza

Dal Tribunale Unico per le persone, i minori e la famiglia, all’allontanamento in emergenza dei minori dal nucleo familiare. Dall’idea di istituire un avvocato per il minore, a cosa sia necessario oggi per migliorare il sistema delle adozioni. Ai.Bi. ha raccolto, in un’intervista in esclusiva, il pensiero della dottoressa Cristina Maggiapresidente dell’Associazione Italiana Magistrati Minorenni e Famiglia.

Domanda un po’ generale ma “necessaria”: come presidente dell’Associazione Italiana dei Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, quali sono le principali sfide che pensa di avere davanti, nel breve periodo, e quali le priorità che si è data?

La prima sfida è quella di dedicare tutte le mie energie e quelle del Consiglio Direttivo per evitare che si ripeta quanto già era accaduto in passato con il tentativo di soppressione dei Tribunali per i minorenni da parte del ministro Castelli nel 2003 e poi del ministro Orlando nel 2016. Al momento è infatti all’esame parlamentare, è stata approvata all’unanimità in Senato e verrà poi valutata alla Camera, una riforma imponente del comparto minorile e familiare, proposta a tappe forzate, in assenza di adeguata discussione e confronto con gli addetti ai lavori tenuto conto della delicatezza della materia. Su questa riforma che prevede l’istituzione di un “Tribunale Unico per le persone, i minori e la famiglia” AIMMF ha prodotto materiale e osservazioni critiche, peraltro condivise con il CSM e l’ANM.  Va evidenziato che Il titolo è assai evocativo e suggestivo, ma il contenuto della riforma nei fatti svalorizza e svuota il sistema attuale con la trasformazione del sistema di tutela dei minori più fragili e svantaggiati in un processo di parti, giudicato da una magistratura priva della componente fondamentale dei giudici onorari e della indispensabile collegialità, elementi necessari in materie tutt’altro che semplici e dall’impatto molto invasivo nella vita delle persone. Anche AIMMF da tanto chiedeva la istituzione di un Tribunale Unico, ma con caratteristiche ben diverse da quelle in discussione, che purtroppo non sembrano tenere in considerazione la complessità di una materia spesso sottovalutata e poco conosciuta.

Cosa sente di portare all’Associazione dalla sua precedente esperienza?

Sono attiva in Associazione dal 2007, dal 2014 al maggio di quest’anno sono stata vice-presidente per due mandati e ho vissuto in prima persona il tentativo di soppressione del 2016. Dal 1993 faccio il giudice minorile, sono stata giudice al TM di Genova, sostituto alla Procura Minorile ligure, poi Procuratore Capo, ora Presidente di un Tribunale per i minorenni…insomma la mia è una passione antica non ancora sopita , metto a disposizione l’esperienza acquisita sul campo e testimonio la bellezza di un lavoro che , nei suoi vari aspetti, non distrugge ma, provando a riparare ferite, restituisce speranza e a me regala di ritorno il senso della utilità  verso chi è più fragile. Le assicuro che certe udienze danno la sensazione di avere inciso positivamente nella vita delle persone e questo è estremamente gratificante.

Agganciandoci all’attualità: qual è il suo parere sulla tematica della idoneità genitoriale e l’allontanamento dal nucleo familiare dei bambini effettuato in emergenza? Quali sono i miglioramenti da apportare al sistema e gli aspetti da rafforzare per garantire i diritti dei bambini in quei contesti?

È una domanda che richiederebbe un trattato: cerco di sintetizzare in poche battute e di chiarire gli equivoci nati da notizie di stampa distorte. Nonostante l’allarme dato da certi media, i dati attestano che l’Italia allontana i bambini dalle loro famiglie in modo assai contenuto. A valle della terribile vicenda Bibbiano, il Ministero di Giustizia raccolse i dati da tutti gli uffici giudiziari italiani: emerse che la percentuale italiana di allontanamenti è assai esigua rispetto a quelle degli altri Paesi europei, si parla dell’1,4 per mille, contro il 10,6 per mille di Francia e Germania e il 4,4 della Spagna. Proprio in questi giorni stiamo raccogliendo per la Ministra i dati degli allontanamenti negli ultimi due anni e almeno nel mio distretto, devo dire che sembrano addirittura diminuiti. Temo anche in ragione di una minore attenzione della scuola e dei luoghi frequentati dai minorenni, inattivi a causa del lockdown, e questo non ha consentito purtroppo il necessario controllo anche indiretto sulle famiglie disfunzionali.

Inoltre gli allontanamenti urgenti nella mia esperienza sono sempre legati a situazioni emergenziali (tipo il bambino trovato dalla Polizia di notte in stazione da solo o consegnato dalla madre sotto l’effetto di sostanze stupefacenti ad un passante; la ragazzina segregata in casa per ragioni religiose, costretta a non andare a scuola e a fare le faccende domestiche con maltrattamenti fisici gravi a fronte dei suoi rifiuti;  la bambina costretta a seguire la madre mentre si prostituisce sulla strada etc ). Avvengono previo contatto delle forze dell’ordine e dei servizi con il pubblico ministero di turno e sono riservati a situazioni gravissime. Certo, sono scelte molto delicate che impongono una valutazione a più voci e l’assenza di superficialità.

Fa peraltro positivamente parte della riforma in itinere anche l’introduzione di tempi processuali certi per la valutazione della fondatezza dell’allontanamento da parte dell’autorità giudiziaria. Quello però che voglio ribadire è che si tratta di una attività protettiva dell’infanzia gravemente in pericolo, attività che compete allo Stato, in attuazione di principi costituzionali che attribuiscono la priorità al bimbo da tutelare rispetto alle garanzie degli adulti. Sembra invece a volte che si voglia negare il dolore e la sofferenza di certi bambini, esaltando quella che è solo una idea della famiglia amorosa che purtroppo a volte non coincide con il reale.

Cosa ne pensa dell’idea di nominare un avvocato dei minori per ogni minore che sia allontanato dalla sua famiglia d’origine, quale che sia il motivo, che lo monitori e ne tuteli i diritti per tutto il periodo dell’allontanamento fino al rientro in famiglia o all’adozione?
Potrebbe essere, questa, una figura di controllo affinché ogni soggetto che interviene nella procedura faccia propriamente e nei giusti tempi ogni azione necessaria?

Condivido senz’altro la necessità di nominare un avvocato curatore speciale del minore nei casi in cui il bimbo sia in conflitto di interessi con i genitori. Anche questo è un tema toccato dalla riforma che ci vede in accordo. Tuttavia, sostengo che occorra per queste figure professionali una formazione dedicata e multidisciplinare, perché trattare con un bambino non è cosa banale e semplice e un operatore non preparato rischia di creare un danno e non fornire una tutela. Occorre che il curatore impari a parlare la lingua dei servizi con i quali creare sentieri di condivisione dei progetti e di confronto costruttivo, non di contrapposizione sterile. Perciò, vorrei che chi si propone per questo lavoro fosse prima di tutto un avvocato specializzato in diritto minorile e poi fosse obbligato ad un idoneo percorso formativo. Cosa che alcuni virtuosi ordini degli avvocati del Nord già fanno, ma l’Italia è lunga e diverse sono le situazioni.

Passiamo alla Adozione internazionale. Come Lei sa, l’Italia è, insieme al Belgio, l’unico Paese europeo in cui l’idoneità degli aspiranti genitori è dichiarata da un’autorità giudiziaria. A suo parere ha senso questo sistema visto che, dal punto di vista sostanziale, la valutazione psico-sociale è di competenza dei servizi territoriali? Un documento di natura amministrativa, tra l’altro, potrebbe snellirebbe anche i tempi?

So di dire una cosa che diverge dallo storico pensiero di Ai.Bi. . Io rivendico il mantenimento ai TTMM della valutazione finale delle coppie. È vero che l’osservazione e la relazione spetta ai servizi psico-sociali, ma nostro è il compito di verificarne la completezza, di discuterne in camera di consiglio le conclusioni spesso assai superficiali e veloci, di evidenziare aspetti da approfondire. Spesso il dolore per la sterilità provata dalla coppia induce un sentimento empatico nell’operatore psico-sociale e finisce per sfuggire che al centro c’è il bisogno del bambino ferito dall’abbandono di essere riparato e di poter contare su genitori dotati di risorse riparative appunto, non di genitori da consolare. I fallimenti sono peraltro frequenti dopo l’esplosione adolescenziale, le fughe di un genitore dalla responsabilità frequentissime, ecco perché la valutazione congiunta è secondo me molto significativa, se fatta consapevolmente. Anche la fretta non è una buona consigliera, il tempo della “gravidanza adottiva” può essere riempito di significato e di riflessione.

Molti Tribunali per i minorenni emettono idoneità con decreti vincolati – per esempio con l’indicazione di una età massima dei bambini che non rispetta la previsione di legge, restringendo i bambini potenzialmente beneficiari dell’adozione in base a una caratteristica soggettiva per cui sarebbe vietato discriminare. Tali vincoli rendono difficile, se non impossibile, la prosecuzione dell’iter, perché risultano inutilizzabili rispetto ai bambini realmente adottabili in molti paesi da parte delle coppie. Non sarebbe meglio emettere un diniego o comunque tentare almeno di formare realmente, anziché assecondare, le coppie che giungono agli incontri con i servizi esprimendo idee astratte sull’adozione desiderata?

Credo che l’intento sia quello di descrivere le reali risorse delle coppie che non sono proprio da buttare, ma hanno capacità limitate e così orientare anche l’ente. Un diniego non sarebbe giusto, inoltre nella mia esperienza il diniego innesca la ferita narcisistica, la coppia impugna il rigetto in appello e ottiene tutto senza troppi ragionamenti. Noi cerchiamo di accompagnare nel corso di più udienze le coppie alla rinunzia e alla riflessione che nasce dalla loro rivalutazione, in questo modo riusciamo a non ferirle. Spesso funziona, a volte no. Vede che il TM serve!?!

Come giudica l’operato degli enti autorizzati? Ci sono profili che Lei vede migliorabili nella legge e nella prassi delle adozioni? Se sì, quali?

Non conosco tutti gli Enti, posso dire che hanno stili operativi molto diversi fra loro. Credo che una CAI ben funzionante sia già una garanzia, senza bisogno di altro. È fondamentale la collaborazione e lo scambio di esperienze arricchenti fra gli Enti storici e quelli più giovani.

Cosa sarebbe necessario, più in generale, secondo Lei, per migliorare il sistema dell’adozione internazionale?

Le domande di adozione internazionale sono in forte calo per tanti motivi, crisi economica, incertezza del futuro, un individualismo sempre più accentuato, una “scarsa tenuta “degli adulti  di fronte alle frustrazioni.

La legge funziona e non sono gli strumenti legislativi a fare la differenza. In Italia si legifera troppo e spesso di fretta, senza poi curare che esistano le risorse reali per dare effettività alle leggi.

Occorre lavorare sulla cultura dell’accettazione della diversità. Avere figli non è un diritto, l’adozione è un innesto che a volte fiorisce a volte meno, ma i genitori che hanno voluto fortemente questi figli devono tenere la posizione e reggere di fronte ad esiti non sempre felici. Tutto ciò si ottiene con risorse del welfare dedicate alla formazione del prima e al sostegno immediato del dopo adozione, sostegni che non devono essere percepiti dalle coppie in modo persecutorio e infastidito.