Daniele Massaro: “Nel futuro di Milano ci siano progetti specifici per lo sport in ogni scuola. E per i piccoli adottati, i compagni di squadra sono il migliore aiuto per l’inserimento nella nuova realtà”

daniele massaroLa notte tra domenica 19 e lunedì 20 giugno ci dirà se Daniele Massaro potrà entrare a far parte della squadra di governo chiamata ad amministrare Milano per i prossimi 5 anni. In attesa di conoscere il responso delle urne e le scelte del futuro sindaco del capoluogo lombardo, l’ex calciatore del Milan e della Nazionale dimostra di avere già le idee chiare in merito al ruolo che lo sport può rivestire nel processo educativo dei minori. Consapevolezza indispensabile se si vuole dare un contributo alla crescita dei piccoli milanesi.

Domenica 12 giugno, nel frattempo, Massaro è intervenuto alla premiazione del torneo Amici dei Bambini, organizzato dall’Unione Sportiva Aldini Bariviera in collaborazione con Ai.Bi. e a sostegno della campagna Fame di Mamma. Incontriamo il 55enne ex attaccante monzese a margine della cerimonia.

 

Per il futuro di Milano, che peso specifico può avere lo sport per favorire il processo di crescita dei bambini?

Lo sport è un diritto di tutti e deve esserlo già a partire dalle scuole, dove deve diventare strumento di divertimento educativo e di formazione. Se iniziata nel modo giusto, la pratica sportiva può essere una forma di prevenzione di tanti problemi che tradizionalmente interessano l’infanzia e l’adolescenza. Pertanto ritengo che servano dei programmi formativi specifici sullo sport in ogni scuola: programmi che prevedano divertimento, prevenzione, confronto tra minori e tra questi e gli adulti, crescita e trasmissione di valori attraverso lo sport. Ogni bambino ha il diritto di coltivare un sogno relativo al suo sport preferito. A me è successo così: sognavo di indossare la maglia della mia squadra del cuore, il Milan, e con tanto impegno ci sono riuscito. Dovrebbe essere così per tutti.

 

A volte sono le famiglie, però, a caricare di aspettative e a esasperare la pratica sportiva dei figli. Ciò rende più difficile insegnare dei valori ai più giovani. È più difficile formare le famiglie a questi valori?

Pochi genitori comprendono davvero che i bambini debbano crescere senza eccessive aspettative e senza forzature. Troppo spesso i figli sono pressati  e rovinati dalle attese dei genitori. Per questo è necessario dare degli indirizzi precisi anche alle famiglie. È fondamentale che i ragazzi crescano educati con delle regole e capiscano che l’unico vero obbligo, nella loro infanzia o adolescenza, è la scuola.

 

Veniamo a una realtà particolare dell’infanzia: quella dell’adozione. Le Linee guida per l’inserimento scolastico dei minori adottati, elaborate dal ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca e dal Care (Coordinamento delle associazioni adottive e affidatarie in rete), prevedono che in ogni scuola ci sia un docente referente per i minori adottati. Ritiene che una figura analoga possa risultare utile anche nelle società sportive?

Premetto che in tanti anni ho capito una cosa fondamentale: lo sport non ha né religione né colore della pelle. Nelle società sportive, l’educatore deve essere innanzitutto una persona in grado di far divertire i ragazzi. Per i più giovani, ci deve essere formazione, non schemi. Sorrisi, non vittorie a tutti i costi. Per quanto riguarda una figura specifica che segua i minori adottati, per quanto possa risultare utile nelle scuole, non credo si possa dire lo stesso per le società sportive, soprattutto per le discipline di squadra. I compagni sono la forma di aiuto più spontaneo e disinteressato all’inserimento dei minori adottati nella loro nuova realtà.