Denatalità e pandemia. Niente soldi, ne’ fiducia e lavoro: nascite sotto quota 400mila nel 2021

Nell’ultima audizione in Parlamento, l’ISTAT ha dipinto un futuro prossimo a tinte fosche

Come era stato anticipato, anche nel 2021 le nascite in Italia subiranno una decisa flessione. L’ulteriore crescita della denatalità è un effetto della pandemia e della conseguente sfiducia sociale ed economica: secondo l’ISTAT il prossimo anno i nuovi nati scenderanno sotto la soglia delle 400mila unità. La fosca proiezione è arrivata nel corso di un’udienza dell‘Istituto statistico con le Commissioni Bilancio di Camera e Senato. Sono dati decisamente drammatici per un Paese, l’Italia, in crisi demografica ormai da tempo. “La crisi sanitaria ed economica – hanno spiegato i rappresentanti ISTAT – può influire negativamente, oltre che sul numero dei decessi, anche sulla natalità. Quest’anno le nascite potrebbero calare, rispetto all’anno scorso, stabilendo il record minimo dall’unità d’Italia”.

In questa situazione, pertanto, è legittimo ipotizzare che “il clima di paura e incertezza, e le crescenti difficoltà di natura materiale (legate a occupazione e reddito) generate dai recenti avvenimenti orienteranno negativamente le scelte di fecondità delle coppie italiane”. L’ultimo dato disponibilie, quello del 2019, segnava 420mila nuovi nati nell’arco dei dodici mesi, “che già rappresentano un minimo mai raggiunto in oltre 150 anni di unità nazionale”. Sempre secondo l’ISTAT, nel 2020 le nascite potrebbero calare ”a circa 408mila nel bilancio finale del corrente anno, recependo a dicembre un verosimile calo dei concepimenti nel mese di marzo, per poi ridursi ulteriormente a 393 mila nel 2021”.

Denatalità, pandemia e mancanza di fiducia: un legame stretto

Il magazine Io Donna, in merito alla situazione, ha riportato recentemente le dichiarazioni del demografo dell’Università Cattolica di Milano, Alessandro Rosina: “Se un Paese vuole ridurre le nascite, è sufficiente non favorirne le condizioni – ha detto l’esperto – Se l’obiettivo è il contrario, visto che il numero dei figli desiderati è vicino a due per donna (il tasso attuale è 1,29, ndr ), servono politiche affinché le donne abbiano o non rinuncino al lavoro, e le famiglie non si impoveriscano. Gli indicatori su cui lavorare, ora tra i peggiori in Europa, sono il tasso di fecondità, l’occupazione femminile e la povertà infantile materiale ed educativa”.

Denatalità, pandemia e scarsa fiducia tra le potenziali mamme

“C’è una platea più ristretta di potenziali mamme – gli fa eco, sempre su Io Donna, l’economista Daniela Del Boca – frutto di un calo delle nascite di ormai lunga durata. E poi: poco lavoro, pochi soldi, poca sicurezza, pochi servizi. Alcune giovani donne sono meno interessate alle traiettorie di vita più tradizionali, altre si fermano al primo figlio. Pesa anche la questione migratoria dal sud al nord e verso l’estero: i nonni sono lontani, alcuni lavorano e non possono dare una mano”.

In sintesi: non ci sono soldi, non c’è fiducia, non c’è lavoro. E mettere al mondo una nuova vita, così, diventa una sfida, più che un atto d’amore