Denatalità. Meno 400 mila nati: si è perso il valore del figlio

Secondo Istat ed esperti, nel giro di qualche decennio la popolazione italiana sarà più che dimezzata. Occorre non solo cambiare le politiche verso famiglie e figli, ma anche tornare a guardare ai figli come a un valore e un dono. A partire dall’accompagnamento di quelle coppie che un figlio lo vorrebbero adottare se solo fosse “burocraticamente ed economicamente” più accessibile

Ancora una volta si torna, giustamente, a parlare di denatalità. “Giustamente” perché la questione è davvero decisiva per quello che riguarda non solo il futuro dell’Italia, ma anche il tessuto sociale basato sui nuclei familiari che si stanno sempre di più trasformando per numero di componenti, dimensioni, orizzonti e obiettivi.
L’ultimo allarme dell’ISTAT è ormai noto, con il 2021 che si è confermato essere il primo anno in cui i nuovi nati sono scesi sotto la soglia dei 400 mila. Il “tasso di sostituzione” di circa 2 figli per donna, ovvero il valore che garantirebbe l’equilibrio tra generazioni, è da tempo molto lontano e per il 2021 si è attestato sull’1,24 figli per donna.
Il risultato è una popolazione sempre più anziana e sempre meno numerosa. Anche in questo caso l’Istat il suo allarme lo ha lanciato da tempo: nel giro di qualche decennio l’Italia avrà 32 milioni di abitanti, con la quota di chi non lavora più superiore a quella degli occupati, con conseguenti problemi per la tenuta del sistema economico dell’intero Paese.

Denatalità: non solo colpa delle politiche per la famiglia. Si è perso il valore del figlio

Sul tema ha offerto un’ampia riflessione lo statistico Roberto Volpi, autore del saggio “Gli ultimi italiani. Come si estingue un popolo” (Solferino, pagg. 272, euro 16,50). In un’intervista a Il Giornale, lo studioso si spinge a dare numeri ancora peggiori: “Da qui al 2070 le previsioni ci danno con una popolazione di 12 milioni e qualcosa in meno” – dice.
E a chi fa notare che anche all’indomani dell’unità d’Italia la popolazione era intorno ai 30 milioni, Volpi risponde sottolineando l’enorme differenza della sua composizione: all’poca era una popolazione giovane, oggi l’Italia ha l’indice di vecchiaia più alto del mondo, dopo il Giappone.
La grande crescita della popolazione è stata possibile grazie all’enorme riduzione della mortalità e la crescita delle aspettative di vita, ma nello stesso tempo è andato via via scendendo il tasso di natalità.
I motivi di quest’ultimo aspetto sono stati analizzati più volte, finendo quasi sempre per dare gran parte delle colpe alle scarse politiche in aiuto alle famiglie. Ma Volpi afferma che questo non basta a spiegare la situazione: “Il fatto è – precisa il suo ragionamento – che c’è un venir meno del valore del figlio: una volta il figlio era il completamento di una vita e la prosecuzione della propria esistenza; oggi viviamo indipendentemente dai figli e, spesso, scegliamo di vivere senza. E questo ha cambiato profondamente l’Occidente”

La proposta Ai.Bi.: un tavolo permanente tra rappresentanti delle famiglie e istituzioni

Quello che anche Volpi non tocca è il tema delle adozioni: è vero che un’inversione di tendenza o, se non altro, un freno alla debacle in corso, non può che arrivare dalla ripresa della natalità, ma è altrettanto vero che in Italia ci sono quasi 5 milioni e mezzo di coppie sposate senza figli che potrebbero benissimo adottare un minore. Anzi, tantissime di queste coppie lo vorrebbero proprio, ma sono frenate dalle difficoltà, il costo e la lunghezza delle pratiche per avere accesso all’adozione internazionale. Ai.Bi. sta portando avanti un’inchiesta sul tema, e da tempo sostiene una proposta che potrebbe essere l’inizio di un cambiamento a lungo termine: togliere il passaggio “inutile” dei Tribunali dei Minorenni per concedere l’idoneità all’adozione internazionale; una procedura che in tutta Europa attuano unicamente Italia e Belgio. Certo, questa modifica da sola non basterebbe se non fosse accompagnata da un cambio di mentalità e di atteggiamento, a partire proprio dai tribunali e dai servizi sociali, che dovrebbero imparare a guardare alle coppie come a delle risorse da accompagnare e non da selezionare.
Ecco, dunque, la proposta di Ai.Bi. di istituire un tavolo permanente fra rappresentanti delle famiglie e istituzioni, perché il tema della natalità non può più aspettare, e l’adozione è senza dubbio un “pezzo” di questo tema. Dal quale si può partire per iniziare a cambiare le cose.