Diventare madre e padre: che la genitorialità sia biologica o adottiva, tuo figlio è sempre diverso da quello che ti aspetti

I due libri di Emma Ciccarelli e Pier Marco Trulli raccontano, con stili diversi ma complementari, il viaggio nella consapevolezza delle identità e dei ruoli di chi accoglie un figlio nella propria vita. Ecco l’intervista ai due autori/genitori

Quattro figli, una intensa vita di famiglia, di impegno sociale e di pastorale familiare, al di là delle reciproche professioni, rispettivamente di consulente familiare e manager: Emma Ciccarelli e Pier Marco Trulli paiono la famiglia de Gli Incredibili, i cui superpoteri – inclusi quelli dei loro ragazzi – sono riconducibili, senza retorica, ad alte dosi d’amore diffuso. Amore a tutto tondo, quello che include il bianco e il nero, la pazienza, la comprensione, il confronto e anche tutti i possibili opposti.

Forse è anche per questa lunga storia di amore e di famiglia, che la coppia ha scritto, ciascuno per sé, Diventerò madre e Diventerò padre, appena usciti per San Paolo Editore.


L’intervista

Abbiamo incontrato gli autori dei due volumi che affrontano, anche sotto il profilo spirituale, un viaggio nella consapevolezza delle identità e dei propri ruoli: un’esperienza che parte con un “” – quel “sì” che pronunciano anche le coppie adottive quando scelgono di diventare genitori di un figlio non nato da loro – qualcosa di umano e divino allo stesso tempo, un dono per tutte le famiglie.

 

Come è avvenuta la genesi dei due libri che sono, già di per sé, un cofanetto?

Pier Marco: I libri sono stati scritti ciascuno per proprio conto, come appare subito evidente anche dallo stile. È stata una scelta proprio per sottolineare la prospettiva, differente ma univoca nell’affrontare l’arrivo in famiglia di uno o più figli.

C’è un approccio diverso perché si vive diversamente la genitorialità.

Nella genitorialità biologica è la madre che consegna figlio al padre, e in quel momento lui diventa padre. Non è infatti automatico l’ingaggio del padre: solo quando la donna riconosce la paternità, il figlio entra nel suo mondo.

 

Emma: Nel mio libro propongo una prospettiva molto intima, tanto che do del tu alla lettrice. Non vogliamo certo insegnare nulla, piuttosto offrire un percorso di riflessione che, per quel che mi riguarda parte dal rapporto con la madre. Al termine di ogni capitolo suggeriamo di fermarsi, di prendere tempo e rispondere ad alcune domande, occasione per guardarsi dentro. In ogni caso – questo è un nostro comune denominatore nella narrazione – crediamo che i percorsi di maternità e paternità, laddove sono davvero espressione di condivisione, propongono un risultato immediato che si riflette sulla serenità del bambino e sulla possibilità di educarlo in modo migliore.

 

Insomma, volendo fare una battuta e considerando la narrazione spesso sbilanciata sull’esperienza materna, secondo voi il padre ha ancora qualcosa da imparare?

Pier Marco (ridendo, ndr): In realtà quello che voglio sottolineare è che per l’uomo è davvero un percorso da fare, entusiasmante, ma da fare. Prima non ci si badava mentre oggi, con una società così mutata, vivere a fondo la paternità è una opportunità da cogliere, da gustare. Sotto altri aspetti è un ruolo che bisogna reinventare per rendere i padri più autorevoli e non autoritari. 

 

È molto interessante l’avvio del libro, che riporta subito alla nostra memoria il mito di Ulisse e Telemaco.

Pier Marco: Sì, ho voluto fare un parallelo tra questa figura e i padri di oggi. Ulisse è scomparso, di fatto, la madre preserva la sua memoria mentre il figlio va comunque alla sua ricerca. Anni dopo si ritrovano ma in una maniera che non era esattamente quella desiderata dal figlio. Lui pensava al padre potente e lo ritrova mendicante, Ulisse lo abbraccia da mendicante e si riscopre guerriero, il che ricorda anche il gesto di Ettore che si toglie l’elmo di fronte al figlio spaventato e in lacrime. Ci troviamo davanti a uno iato: un padre dato per morto e un padre reale, è una paternità recuperata a livello antropologico che ancora è capace di insegnare molto.

 

In entrambi i libri fate paralleli con figure rilevanti nella Bibbia. Emma, ci racconti il volto attuale di queste storie?

Emma: Abbiamo voluto suggerire un percorso di personale riflessione, attingendo ad alcuni profili biblici. Il punto, valido ancora oggi, è: come hanno reagito queste figure bibliche di fronte paure e cambiamenti? Cosa possono insegnarci ancora?

Ribadisco che non si tratta di un manuale d’uso ma di una occasione per parlare ai lettori in modo intimo: per parte mia, cerco di affrontare le perplessità di fronte alla maternità e agli inevitabili scombussolamenti, in contesti come quelli odierni in cui ogni donna fa fatica ad affermare i suoi talenti. Le donne oggi sono sempre in bilico tra maternità e molto altro: con riferimenti al mio vissuto invito a  tenere in considerazione che tutti questi elementi in maternità si potenziano, tutti insieme. Si potenzia tutto ma non la debolezza, anzi! 

 

La maternità quindi è di per sé forza

Emma: Certo, i problemi ci sono e di questo le donne sono consapevoli ma il percorso è possibile, la dimensione offerta dall’esperienza del diventare madre non alternativa né paragonabile ad altro. E’ una dimensione che rivela te stessa, è qualcosa di unico. Una delle prime domande che pongo al termine di un capitolo è riflettere su come la lettrice ha vissuto la relazione con madre. Proviamo a pensarci e a riflettere: Quale memoria abbiamo della madre dentro di noi, quale immagine? 

 

Quanto questi libri portano con sé il frutto di esperienze concrete a contatto con le famiglie?

Emma: Moltissimo proviene da tante esperienze di vicinanza e ascolto delle famiglie: in Pastorale familiare, per professione e per l’impegno all’interno del Forum delle Famiglie nonché a livello educativo in quanto Pier Marco viene dal mondo scout dove è ancora attivo. 

 

Pier Marco: L’idea del libro è nata quando abbiamo desiderato mettere a fattor comune tutto questo e realizzare un unicum editoriale, destinato alle coppie giovani a quella fascia di adulti fertili che vogliono affrontare la genitorialità.
 

Coppie fertili e coppie feconde, se pensiamo anche alla genitorialità adottiva dove il percorso di preparazione alla genitorialità e la ‘gravidanza’ vengono vissute assieme fin dall’inizio…

Entrambi: Certamente, nei libri validiamo anche l’esperienza di maternità e paternità non biologica, quasi più ampia per tutte le implicazioni che ha. Che la genitorialità sia biologica o adottiva, tuo figlio è sempre diverso da quello che ti aspetti, è sempre un altro da te ed è giusto che sia così.

 

Quali figure le figure della Bibbia che voi preferite?

Pier Marco: Senz’altro San Giuseppe che ci aiuta a rivalutare il ruolo paterno. Giuseppe, un modello per tutti i padri, è adottivo. Non parla ma si prende cura come nessun altro. Un  altro modello di futuro padre che amo è Tobia: una storia di come un figlio riscatta il padre, una storia potente che rovescia la prospettiva; in più è un marito che, fidandosi, guarisce la moglie. La loro è una coppia bellissima capace di creare il ‘noi’ della preghiera: C’è un rapporto paritario e intenso di coppia e su quel noi di coppia si innesta il figlio.


Emma: Per me è senza dubbio Maria. Offre a tutte le donne spunti importanti, prima di tutto il ‘non temere’: le paure in gravidanza esplodono tutte insieme e per questo è importante mettersi in ascolto di fronte al disegno di Dio. A questo si accompagna il silenzio di Maria di fronte a quello che succede: più volte si legge che ascolta e custodisce nel proprio cuore. Significa che anche oggi possiamo non comprendere i nostri figli o quello che accade, ma è essenziale accogliere questa dimensione di non comprensione totale. Non è certo segno di debolezza l’accettazione e l’accoglienza, ma di apertura. Oggi tendiamo a voler controllare tutto, trasformare le cose a nostro piacimento mentre è fondamentale, da genitori, accogliere pienamente la dimensione dell’altro. Anche il figlio che arriva con l’adozione porta con sé un vissuto con il quale si deve far sempre i conti: va accolto in pieno, ma questo vale per tutti i figli.