adozione, quella aperta può andar bene solo se condivisa fin dall'inizio da tutti i protagonisti della situazione

Don Sabbadini (Ai.Bi.) al raduno nazionale delle famiglie adottive e affidatarie: “Tema ricerca origini si comprende con questione educativa”

“La domanda esistenziale ‘da dove vengo’ non regge senza la corrispettiva ‘dove vado’”

adozione, quella aperta può andar bene solo se condivisa fin dall'inizio da tutti i protagonisti della situazione“Il tema o problema della ricerca delle origini si comprende nell’orizzonte della più ampia e decisiva questione educativa”. Lo sostiene don Massimiliano Sabbadini, consigliere spirituale della associazione “La Pietra Scartata” e membro del Consiglio direttivo di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, intervenendo proprio sul difficile tema della ricerca delle origini da parte dei figli adottivi in occasione della XXVIII settimana di incontro e formazione per le famiglie adottive e affidatarie dell’organizzazione, iniziata sabato 24 agosto a Casino di Terra (Pisa) e che terminerà sabato 31 agosto.

“La domanda esistenziale ‘da dove vengo’ – ha spiegato don Sabbadini – non regge all’indagine dell’individuo senza la sua corrispettiva ‘dove vado’. Solo dall’attivazione di entrambe le direzioni si genera la continua tensione del conseguimento del ‘chi sono’, come un felice arco voltaico che unisce i catodi da cui è prodotto”.

“Nella visione antropologica cristiana questo processo – ha proseguito don Sabbadini – con tutte le sue fasi e con la sua dimensione permanente, è ciò che si intende con ‘educazione’. Con un particolare ‘voltaggio’ ben espresso dalla celebre frase di san Giovanni Bosco: ‘Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore e che Dio solo ne è il padrone e noi non potremo riuscire a cosa alcuna se Dio non ce ne insegna l’arte e non ce ne mette in mano le chiavi’. L’arte dell’educare che Dio ci insegna si può trovare ben sintetizzata nella sorprendente conclusione del Vangelo dell’infanzia secondo Luca. Gesù dodicenne smarrito e ritrovato nel tempio, che risponde ai genitori angosciati: ‘Devo stare nelle cose del Padre mio’, rappresenta il compimento vocazionale di ogni itinerario cristiano. Nel rapporto costante e decisivo con il Padre celeste si acquieta l’ansia di ogni ricerca nel passato e di ogni proiezione nel futuro, mentre si accende il gusto, l’avventura e la gioia di ogni presente vissuto in comunione con Dio per il quale tutti i padri, le madri e i figli si riconoscono ugualmente fratelli e sorelle da amare”.