Educatori senza laurea fra polemiche e plausi. Ma il problema rimane: gli operatori di comunità non si trovano

Si è innescato un acceso dibattito sulla questione della laurea per gli educatori di comunità. Bene. È doveroso tenere alta l’attenzione, ma senza perdere di vista il cuore del problema: la difficoltà nel trovare personale

In seguito alla pubblicazione della notizia e del comunicato stampa di Ai.Bi. dal titolo “Educatori di comunità. Niente più laurea: ora basta un diploma di scuola superiore!”, si è creato un notevole dibattito. Ai.Bi. ha ricevuto molte comunicazioni, mail e messaggi sia da chi lodava l’iniziativa della Regione Lombardia e auspicava che altre Regioni potessero seguirne l’esempio, sia da chi si “stracciava le vesti” e addirittura minacciava diffide alla redazione di Aibinews se non avesse rettificato il suo articolo, ritenuto “impreciso, fuorviante e ambiguo”.
La principale accusa che viene rivolta è che non è vero che Regione Lombardia abbia eliminato l’obbligo di laurea per diventare professionisti del settore socio-educativo, in quanto la delibera 6443 “introduce in via transitoria (soltanto entro il 31/12/2023), ad alcune condizioni e soltanto in subordine alla dimostrata impossibilità di individuare personale socioeducativo in possesso delle caratteristiche previste” la possibilità di “completare il fabbisogno di personale educativo assumendo quale operatore socio-educativo anche chi e in possesso di diploma professionale/istruzione di grado superiore (almeno quadriennale) con comprovata esperienza di almeno 3 anni in ambito socio-educativo ed esperienza specifica in area minori o disabili”.

Il cuore del problema rimane la carenza di educatori di comunità

Ai.Bi. tiene a precisare che nella notizia pubblicata sul sito (e, da un punto di vista giornalistico, la notizia “vera” è quella riportata nel titolo) è presente il link alla delibera della Regione Lombardia in oggetto, cosicché chiunque può leggerla integralmente, rilevando la temporaneità del provvedimento (fino al 31/12/22 al netto di eventuali . e molto probabili – proroghe), una precisazione effettivamente utile per chi, leggendo, avesse potuto ritenere “inutile”, anche in ottica futura, iscriversi alla facoltà di scienze della formazione.
Leggendo la delibera si possono altresì rilevare le condizioni necessarie per l’assunzione di un eventuale educatore non laureato, possibile solo se non vanno a buon fine le selezioni di personale laureato.
Proprio quest’ultimo punto, però, riporta al centro del dibattito il vero problema che oggi ci troviamo di fronte: la drammatica e cronica carenza di educatori. Ormai gli annunci di ricerca di educatori professionali sono sempre online e la selezione è continua in tantissime realtà che gestiscono servizi educativi.
I cv di neolaureati in Scienze dell’Educazione arrivano, ma l’esperienza ci porta a dire che nei colloqui emergono aspettative che sono deluse nella realtà: molti si immaginano un lavoro alla scrivania per scrivere progetti educativi e intrattenere rapporti con i vari servizi sociali, senza dover stare con gli ospiti. Nella realtà, il lavoro dell’educatore in comunità richiede in primis la capacità di spendersi nella relazione con gli ospiti accolti, condividendo la quotidianità, utilizzando un sapere pedagogico che orienti ogni singola azione. Solo con l’esperienza acquisita si potrà diventare progettisti, coordinatori, direttori di unità operative e via dicendo!
Vero è che è anche cambiato il paradigma generazionale: sono numerosi i colloqui che, nonostante siano stati fissati, vanno deserti senza avviso e motivazione. Numerosi sono anche gli educatori che accettano la proposta lavorativa e la disdicono il giorno prima di iniziare. Sembra di essere di fronte a un individualismo dove viene sempre meno l’attenzione al “prossimo” e alla “comunità”.
Molte agenzie educative come gli oratori e i gruppi scout, che negli Anni ‘80 e ’90 erano fucine di educatori che sapevano stare ed essere con chi era in difficoltà, oggi sono in crisi.
Negli anni scorsi ci è capitato di non rinnovare i contratti di alcuni operatori che avevano ottime capacità relazionali, ma non erano in possesso del titolo di Scienze dell’Educazione e non hanno avuto modo di “riqualificarsi” frequentando un anno integrativo che consentisse loro di svolgere il lavoro di educatore come invece hanno fatto altri colleghi senza il titolo corretto.
Fino a qualche anno fa, ci arrivavano molti curriculum provenienti dal Sud Italia ma ormai ne arrivano pochissimi anche da lì.
Anche il trattamento retributivo lascia a desiderare: il CCNL delle Cooperative Sociali prevede l’inquadramento a livello D2 per l’educatore professionale, con un lordo mensile di partenza di 1600 euro circa.

Dedizione e disponibilità verso gli ospiti

Il lavoro in comunità richiede anche una dedizione personale che contempli una turnazione dettata dai bisogni degli ospiti; oltre che a lavorare su week end e festivi, capita spesso di essere richiamati in servizio perché il collega si è ammalato (o si è dimesso all’improvviso).
L’attuale momento storico vede l’aumento della complessità nei servizi residenziali perché sempre più vengono accolte persone con vissuti molto difficili e che manifestano un forte disagio psichico. Anche questo elemento è una discrimine sulla scelta di questo lavoro; di fronte a situazioni difficili, molti educatori preferiscono rivolgersi altrove.
Molti educatori si sono dimessi negli ultimi anni perché hanno preferito rivolgersi al mondo scolastico che assorbe tanti laureati in Scienze dell’Educazione. Oggi è così, pertanto di fronte alla chiusura di molti servizi, è comprensibile quanto deliberato da Regione Lombardia. È vero che si mandano a monte anni di lotte per farsi riconoscere il titolo e le competenze acquisite ma come possiamo continuare a non rispondere all’emergenza sociale se non ci avvaliamo di nuove strategie?
La nostra cooperativa, ha ricevuto nei primi sei mesi dell’anno 113 richieste di inserimento per la nostra comunità educativa minori, e 74 richieste di inserimento per le nostre comunità mamma bambino. Anche volendo aprire nuovi servizi, dove troviamo il personale?
È per questo motivo che avvalendoci di quanto stabilito dalla DGR 6443 del 31.05.2022, abbiamo ideato un corso dove la nostra esperienza possa tradursi in formazione di secondo livello per chi è laureato in Scienze dell’Educazione o titoli equipollenti e vuole specializzarsi. L’alternativa, sempre alle condizioni dettate dalla DGR6443, rimane la possibilità di assumere diplomati con 3 anni di esperienza documentabili; ma anche qui, chi li assume dovrà garantire 40 ore di formazione.
Noi ne garantiremo 70.

Chiudiamo, dunque, con quanto detto fin dall’inizio, ovvero la speranza che iniziative come quella della Regione Lombardia e le relative discussioni innescate possano tenere viva l’attenzione sul serio problema della mancanza di educatori di comunità. L’alternativa diventerebbe, altrimenti, quella di reperire educatori dai Paesi stranieri, seguendo l’esempio di quanto sta avvenendo nel sistema sanitario.