Elezioni Politiche 2022. Aborto: il punto non è cambiare la legge 194 , ma l’amore per la vita

L’aborto è sempre un tema molto dibattuto, oggi più che mai. Ma la voce che meno si prende in considerazione è quella, inudibile, dal bambino. Bisogna ripartire da qui, anche a costo di essere molto poco “politically correct”

Il tema dell’aborto non è propriamente “da campagna elettorale”, in quanto è uno di quegli argomenti che torna sempre nelle discussioni non solo politiche. Un buon segno, perché significa che la questione è, giustamente, molto sentita e che c’è ancora spazio per una riflessione.
Anche se, bisogna ammetterlo, riflettere serenamente sull’aborto è complicato, perché quasi sempre si parte da posizioni ideologiche che difficilmente accettano di confrontarsi con apertura per cercare di capire anche le “ragioni dell’altro”. Ragioni che, ben sottolinea la Presidente del Movimento per la Vita Marina Casini Bandini in un articolo su Avvenire, partono sempre da un unico punto di vista: quello della “immodificabilità” della legge 194 e della, giusta, tutela della mamma. Ma il figlio, il vero protagonista di una gravidanza, naturalmente insieme alla mamma, è spesso lasciato al di fuori del dibattito.

Aborto: mettere il figlio al centro della discussione

Scrive Casini Bandini parlando delle discussioni sull’aborto: “Entrano in campo i temi importantissimi della maternità e del femminile, della salute delle donne ancor più minacciata con la Ru486, dell’obiezione di coscienza, dell’inverno demografico. Ma la ragione di fondo, l’ultima, la più semplice ed elementare, per la quale l’aborto non solo non è un diritto ma è anche una profonda ferita inferta alla comunità civile, è che «quanti sono concepiti sono figli di tutta la società, e la loro uccisione in numero enorme, con l’avallo degli Stati, costituisce un grave problema che mina alle basi la costruzione della giustizia, compromettendo la corretta soluzione di ogni altra questione umana e sociale» (papa Francesco, 2 febbraio 2019)”
È questo il punto poco politically correct: cercare di spostare lo sguardo, quando si parla di aborto, sul figlio; su colui che ancora non ha una voce da far sentire, ma che è il “punto focale” dell’interruzione di gravidanza.
“Non dobbiamo temere – continua Casini Bandini – di essere irrisi o impopolari se affermiamo che il concepito è un membro della famiglia umana come lo siamo tutti: il dovere di carità (la vita umana è legata a un mistero di amore, e l’amore è necessario per comprendere il valore della vita) non ci esime dal dovere della verità; non giudicare mai le persone non significa non giudicare la cultura”.

Il punto non è cambiare una legge, ma l’amore per la vita

Questo non significa certo non comprendere nella discussione la posizione della donna e “avvolgerla nell’abbraccio anche quando alle sue spalle ha un’esperienza di aborto”, ma non si può nemmeno ragionare pensando che la legge 194, come tutte le leggi, Costituzione compresa, non possa essere modificata. Lo si può fare per gradi, prendendo in esame un pezzetto di legge per volta “seguendo il criterio della gradualità ispirato da un sano realismo”.
Ma la cosa più importante è tenere sempre in mente che “l’amore per la vita è di gran lunga più importante dell’obiettivo di riformare la legge”; che è indispensabile “continuare a mobilitare un’autentica cultura per la vita, dell’accoglienza, della solidarietà, della condivisione nei confronti delle maternità difficili o non attese”.
C’è bisogno di “gettare ponti”, di avere fiducia nell’interlocutore che si ha di fronte. Perché ciò che è in gioco – conclude la riflessione – non è solo “il diritto alla vita del concepito e la tutela della maternità, ma la legittimazione di ogni altra azione civile a difesa dell’uomo”.