Emergenza terremoto: la testimonianza di Hussein, cooperante di Ai.Bi., dalla Turchia. Un familiare estratto vivo dopo 70 ore sotto le macerie – AGGIORNAMENTO

Hussein, cooperante di Ai.Bi. di base in Turchia, proprio nella zona più colpita dal terremoto, dopo il lungo messaggio audio che testimoniava il dramma vissuto in prima persona e chiedeva di pregare per lui e i suoi familiari, arriva un aggiornamento di speranza: è stato estratto vivo dopo 70 ore sotto le macerie uno dei suoi familiari che erano ancora dispersi – AGGIORNAMENTO

9/02 – h. 10.30 – Oltre 16.000 morti. Attesi i primi aiuti in Siria

In genere, notizie del genere si leggono sui giornali o sui siti: producono un sorriso che non cancella l’amaro di fondo, portano un po’ di sollievo… ma rimangono storie lontane, difficili da sentire proprie.
Questa volta è diverso, perché la notizia non è arrivata da un’agenzia di stampa, ma via WhatsApp sul gruppo creato da Ai.Bi. per scambiarsi informazioni e materiali sui progetti in Siria e diventato, da dopo il terremoto, l’unica via per cercare di avere notizie dal territorio. È tramite quella chat che Hussein, il cooperante di Ai.Bi. che si trova ad Hatay, ha cercato di aggiornare amici e colleghi in questi giorni, ed è sempre tramite quella chat che, alle 9.55 di giovedì 9 febbraio ha fatto sapere che una delle persone della sua cerchia familiare che ancora erano disperse è stata estratta viva dalle macerie dopo 70 ore! Trasportato all’ospedale, non è ancora del tutto fuori pericolo, ma, dopo tanta angoscia, la speranza è tornata a colorare un pezzetto di questa terribile tragedia. Così vicina a tutti noi!

La testimonianza di Hussein

Arriva pacata la voce di Hussein, il cooperante di Ai.Bi. per le attività in Siria che, quando non è in missione (come successo solo settimana scorsa, quando ha visitato e monitorato i progressi dei progetti di Ai.Bi. a Idlib), fa base in Turchia, proprio ad Hatay, una delle città più colpite dal devastante terremoto che nella mattina del 6 febbraio ha colpito il sud della Turchia e la confinante Siria.
Per quasi 24 ore non siamo stati in grado di metterci in contatto con lui, se non con uno sporadico messaggio servito giusto per rassicurare amici e colleghi di essere vivo. Come e in che condizioni lo scopriamo la mattina del giorno dopo, il 7 febbraio, quando sull’account WhatsApp della collega dell’ufficio Cooperazione che segue (anche) la Siria arriva un messaggio di 4 minuti e 34 secondi.
La voce di Hussein arriva calma, senza rumori di fondo: si fa fatica a immaginarlo in un ospedale da campo improvvisato, dove si riversano i feriti in arrivo da Hatay e altre città vicine. Eppure è lì che si trova, insieme ai familiari più stretti. Tutti “injured” a causa del terremoto, senza specificare altro, come a non voler preoccupare oltremodo chi, qui, ha chiesto di lui e dei suoi cari, sapendo di non poter fare molto, nell’immediato.

Niente cibo né acqua; niente benzina; niente internet. “Everything closed”!

Il resoconto di quanto vissuto nelle ultime 24 ore è terribile: la casa di Hussein non c’è più, così come quella di suo padre e di altri appartenenti al suo gruppo familiare allargato e molto numeroso. Tre persone di questo gruppo, in particolare, risultano ancora disperse sotto le macerie e questa, al momento: “è la cosa più importante per me” – dice Hussein, così come quella di riuscire a mettersi in contatto con alcuni membri del suo staff, ad Antiochia, e trovare un modo per portarli fuori dalla città. Anche se come fare tutto questo è un grosso punto di domanda al quale non si sa da che parte poter iniziare a rispondere.
In città – racconta – il 70% degli edifici è distrutto, tanto da pensare “che non sarà più un posto in cui è possibile vivere”, anche in futuro. Al momento manca tutto: non c’è acqua o cibo; non c’è benzina per potersi spostare; non c’è internet per poter comunicare: “Everything closed. Everything. Closed!” Ripete Hussein quasi sillabando le parole.
Le poche informazioni che arrivano sono frammentate, riportate di bocca in bocca. E non sono quasi mai notizie buone: manca all’appello un uomo di Kids Paradise, la realtà da anni partner di Ai.Bi. per i progetti in Siria, di cui si sono perse le tracce. Lo stesso ufficio di Ai.Bi. è semidistrutto e comunque irraggiungibile, visto che tutte le strade che vanno verso la città sono state devastate dal sisma.
“Ho cercato di descrivere la situazione” – conclude il messaggio Hussein. Prima che la voce, per la prima volta, dopo 4 minuti in cui ha cercato di mantenere il controllo, si incrini: “Please… pray for us. And thank you very much”.

Un aiuto subito per il terremoto in Siria

Ai.Bi. si è subito mobilitata aprendo una raccolta fondi per il terremoto in Siria e Turchia, “forte” del fatto di essere presente da anni proprio in quella zona del territorio siriano che, oggi più che mai, non abbandoneremo.

Per dare il proprio contributo si può anche effettuare un:

  • bonifico bancario all’IBAN IT40Z0306909606100000122477,
  • versamento su c/c postale 3012 intestato ad Amici dei Bambini
    IBAN: IT89R0760101600000000003012Indicando come causale “emergenza terremoto Siria e Turchia”