Fase 2 e centri estivi: la proposta della CEI al Governo. “Oratorio arcipelago nel rispetto delle regole che verranno date”

Don Michele Falabretti: “Un conto è chiudere i bambini in casa a marzo, un altro pensare di tenerli tra le mura domestiche a giugno e luglio”

Quello dei centri estivi, ai tempi della Fase 2 dell’emergenza Coronavirus, è uno dei temi più dibattuti di recente. I minori, in Italia, privati delle scuole, sono da ormai quasi due mesi e mezzo confinati nelle proprie abitazioni. Urgono delle risposte, che le famiglie attendono da diverse settimane. Il tema coinvolge anche gli 8mila oratori italiani, che accolgono ogni anno 2,4 milioni di bambini e ragazzi grazie all’attività di circa 400mila animatori. I numeri sono quelli del Forum degli oratori, confluito nel 2018 all’interno del Servizio nazionale di pastorale giovanile della CEI – Conferenza episcopale italiana, il cui responsabile, don Michele Falabretti, ha recentemente rilasciato un’intervista a Il Sole 24 Ore proprio per illustrare le proposte che la stessa CEI ha rivolto al Governo.

“Bisogna dimenticarsi – ha spiegato Falabretti – gli assembramenti come venivano fatti in passato nei cortili degli oratori, perché bisognerà lavorare con piccoli gruppi e contatti ridotti al minimo. Dovremo chiamarlo ‘l’oratorio arcipelago’ e passare dalla concentrazione di tutti nello stesso luogo alle attività diffuse, dimezzando le presenze, facendole ruotare, utilizzando scale o palestre o gli altri spazi che ci saranno, nel rispetto delle regole che ci verranno date”.

Fase 2 e centri estivi: fare rete sui territori

Una necessità sarà quella di fare rete sui territori. “Da anni – continua don Michele Falabretti – sul territorio ci sono forme di collaborazione con gli enti locali per diversi servizi o per integrarli. Non in modo omogeneo: certamente una parrocchia sperduta ha legami molto diversi rispetto a quelle nelle grandi città. E non sempre entrambe le parti sono disponibili a condividere i progetti. Ma più si fa rete più si risponde ai bisogni delle famiglie. Questo ragionamento va sostenuto anche con creatività in questa fase. Quest’anno ci saranno tante famiglie in grande difficoltà. Molti genitori hanno già consumato le ferie, i soldi non ci sono e la mobilità sarà quel che sarà. E tanti avranno bisogno di andare a lavorare. Ma c’è un altro aspetto molto importante che dobbiamo considerare: la salute pubblica e mentale dei bambibi. Un conto è chiuderli in casa a marzo un conto è pensare di tenerli tra le mura domestiche a giugno e luglio”.

Ecco perché le parrocchie sono pronte a fare la loro parte. “Sarebbe assurdo – conclude Falabretti – mettere tra parentesi un vissuto e una storia che è radicata sul territorio e nelle famiglie da decenni. È stato fatto tanto finora, ma soprattutto c’è tanta voglia di fare ora che c’è bisogno”.