Fertilità: denatalità. Di questo passo entro il 2045 gli uomini diventeranno sterili

La ricerca: il numero di spermatozoi nell’uomo è sceso di quasi il 60% dal 1973: entro il 2045 potrebbe raggiungerò lo zero. Le cause…

Il nostro stile di vita sta minacciando la fertilità e quindi il futuro del pianeta. Ne è convinta Shanna H. Swanepidemiologa ambientale e riproduttiva americana, professoressa di medicina ambientale e salute pubblica alla Icahn School of Medicine del Mount Sinai di New York.

Nel 2017, la dottoressa Swan e il suo team hanno condotto una ricerca per valutare quale fosse l’impatto delle esposizioni ambientali, comprese le sostanze chimiche come gli ftalati e il bisfenolo A, sulla salute riproduttiva di uomini e donne e sullo sviluppo neurologico dei bambini. Il risultato della sua indagine è spiegato nel libro Countdown (Conto alla rovescia). QUI

In particolare, dalla ricerca sembra emergere come, proprio a causa di tali esposizioni, dagli anni 1970 ad oggi, i livelli di sperma degli uomini nei Paesi occidentali siano crollati di oltre il 50%, come, in generale, lo sviluppo sessuale di uomini e donne stia mutando e come il mondo si stia avviando verso il declino della fertilità.

La famosa attivista per i diritti ambientali, Erin Brockovich, in un articolo sul the Guardian QUI scrive:

Il numero di spermatozoi è sceso di quasi il 60% dal 1973. Seguendo la traiettoria che stiamo percorrendo, la ricerca di Swan suggerisce che il numero di spermatozoi potrebbe raggiungere lo zero entro il 2045. Zero. Lasciatevelo dire. Significherebbe niente bambini. Niente riproduzione. Niente più esseri umani. Perdonatemi la domanda: perché l’ONU non convoca subito una riunione d’emergenza su questo tema?”

Ambiente e fertilità: un connubio davvero importante!

Una riprova ulteriore, qualora ce ne fosse bisogno, di come l’ambiente in cui viviamo, l’aria che respiriamo, il cibo che mangiamo, l’acqua che beviamo, qualora intrisi di determinate sostanze chimiche, possano incidere sulla nostra salute e, oggi si scopre anche sulla nostra fertilità.

Le sostanze chimiche – si legge sul Guardian- responsabili di questa crisi si trovano in ogni cosa, dai contenitori di plastica agli involucri per alimenti, dai vestiti impermeabili alle fragranze dei prodotti per la pulizia, dai saponi agli shampoo, fino all’elettronica e alla moquette. Alcuni di essi, chiamati PFAS, sono noti come “sostanze chimiche per sempre“, perché non si decompongono nell’ambiente o nel corpo umano”.

Un problema che accomuna sia uomini che donne. Secondo quanto, infatti, descritto dalla dottoressa Swan, un uomo di oggi, ha in media la metà dello sperma che aveva suo nonno “In alcune parti del mondo, la ventenne media di oggi è meno fertile di quanto lo fosse sua nonna a 35 anni”

Ma non basta perché i PFAS sembrerebbero anche incidere sulla riduzione della qualità dello sperma e sul volume dell’apparato riproduttivo maschile.

Cosa si può fare?

A livello governativo, occorre avere un occhio di riguardo in più verso l’ambiente e limitare le emissioni di sostanze chimiche nel nostro pianeta.

L’Unione Europea – sottolinea Erin Brockovich – ad esempio, ha limitato la presenza di diversi ftalati nei giocattoli e stabilisce limiti per gli ftalati considerati ‘reprotossici’ – ovvero che danneggiano le capacità riproduttive umane – nella produzione alimentare- mentre– Negli Stati Uniti, uno studio scientifico ha rilevato che l’esposizione agli ftalati è “diffusa” nei neonati e che le sostanze chimiche sono state trovate nelle urine dei bambini che sono entrati in contatto con shampoo, lozioni e polveri per bambini. Tuttavia, manca una regolamentazione aggressiva, anche a causa delle pressioni esercitate dai giganti dell’industria chimica”.

In tutto il mondo il tasso di fertilità è in declino

Tra il 1964 e il 2018, si apprende in un altro articolo del The Guardian QUI “il tasso di fertilità globale è sceso da 5,06 nascite per donna a 2,4. Ora circa la metà dei Paesi del mondo ha tassi di fertilità inferiori al 2,1”.

I motivi?

Secondo la Swan sarebbero molte: contraccezione, cambiamenti culturali, la spesa economica da sostenere quando si decide di “mettere su famiglia”, ma la ricercatrice pone l’accento anche sugli “indicatori – riporta il Guardian- che suggeriscono l’esistenza di ragioni biologiche, tra cui l’aumento dei tassi di aborto, un maggior numero di anomalie genitali tra i ragazzi e una pubertà più precoce per le ragazze”.