Francia. Con la legalizzazione del matrimonio gay sono crollate le adozioni internazionali: solo 815 ingressi nel 2015

adozioni bloccate

Con la legalizzazione del matrimonio gay sono crollate in Francia le adozioni internazionali. Al punto che nel 2015 sono arrivati appena 815 bambini. Un calo storico cominciato non a caso nel 2013 quando venne approvato il cosiddetto “mariage pour tous”. Nel 2013 le adozioni internazionali in Francia erano 1343, per calare a 1069 nel 2014 fino a 815 nel 2015.

Provvedimento che ha spinto Paesi come la Russia a rompere accordi decennali con Parigi. Così come hanno fatto anche molti stati africani come la Repubblica Democratica del Congo. Qui il governo di Kinshasa il 25 settembre 2013 ha bloccato l’emissione dei visti di uscita per i minori adottati da famiglie straniere.

Nel caso della Russia, il Cremlino ha deciso di non concedere più l’adozione dei suoi minori abbandonati alle coppie, anche eterosessuali, provenienti da quei Paesi in cui è autorizzato il matrimonio omosessuale. Questo ha portato alla chiusura delle adozioni internazionali verso Paesi tradizionalmente accoglienti, quali ad esempio Stati Uniti, Francia e Spagna. Con Madrid c’è poi stato un “disgelo”, solo a seguito di un nuovo accordo bilaterale in cui si è precisato che l’adozione dei minori russi sarebbe stata possibile solo per le coppie eterosessuali e non per i single o le coppie gay. In Francia le adozioni internazionali con la Russia sono passate da 235 nel 2012 a 185 nel 2013 a 121 nel 2014 fino a 51 nel 2015.

La decisione del governo congolese scaturì, invece, proprio dal fatto che un cittadino canadese, dichiaratosi single, dopo aver adottato un minore del Paese africano, tornò nel suo Paese e, insieme al compagno omosessuale, “celebrò” la sua adozione non come single, ma come membro di una coppia gay. Cosa che non venne digerita dalle autorità di Kinshasa che decisero per la moratoria sulle adozioni internazionali, non ancora del tutto superata due anni e mezzo dopo la vicenda. A questo si aggiunge un secondo episodio che ha portato Joseph Kabila, presidente della Repubblica Democratica del Congo, a decidere per la chiusura definitiva:  il caso della famiglia Usa che ha dato in adozione a un’altra coppia americana il minore precedentemente adottato con il sistema del “re-homing”. A seguito di questi 2 casi, il governo di Kinshasa ora teme il “re-homing” a coppie gay, dove sono consentite le nozze tra persone dello stesso sesso.

Stesso atteggiamento che con tutta probabilità sarà condiviso dalla maggior parte dei Paesi africani che si stanno aprendo alle adozioni internazionali e che si trovano sulla stessa linea della Repubblica democratica del Congo: ovvero no alle adozioni ai gay.

Ora se  “historia magistra vitae”, il Parlamento italiano non può ignorare a cosa si va incontro con l’approvazione del disegno di legge Cirinnà, aprendo la strada, attraverso la stepchild adoption, all’adozione per le coppie omosessuali. Prioritario sarebbe invece, per il governo, dedicarsi “ai 35mila minori che in Italia vivono fuori da una famiglia” e non intraprendere percorsi legislativi che rischierebbero di deteriorare ulteriormente la situazione delle adozioni internazionali in Italia. Queste ultime si sono già dimezzate nel breve volgere di 5 anni, passando dagli oltre 4mila minori stranieri accolti del 2010 ai circa 2mila stimati per il 2015. Una situazione che andrebbe a peggiorare nel caso in cui il nostro Parlamento desse il via libera alle adozioni per le coppie omosessuali.