In un’epoca in cui l’umiltà sembra fuori moda, Gesù ci insegna a non metterci “al primo posto”

gesù casa di fariseoIn occasione della XXII Domenica del Tempo Ordinario, la riflessione del teologo don Maurizio Chiodi prende spunto dai brani del Libro del Siràcide (Sir 3,19-21.30-31), della Lettera agli Ebrei (Eb 12,18-19.22-24a) e del Vangelo secondo Luca (Lc 14,1.7-14).

 

«Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore». Così dice il sapiente, nella prima lettura, dal libro del Siracide. Questo è anche il grande tema del Vangelo di oggi: l’umiltà!

Non è un argomento facile e non è nemmeno molto frequente. Parliamo poco, oggi, di umiltà. E non è una novità. Questa virtù è stata ‘inventata’ dagli ebrei e dai cristiani. Per i greci l’umiltà non era affatto una virtù.

Del resto, spesso i cristiani sono stati accusati di ‘nascondere’ dietro l’umiltà una pretesa ancora più sottile di affermare se stessi. Dietro l’umiltà si nasconderebbe l’orgoglio, la superbia, la pretesa di essere i primi, migliori degli altri.

Indubbiamente, come dice anche il Vangelo, questo è un rischio, una tentazione. Ma l’umiltà è un’altra cosa.

La parabola raccontata da Gesù è formidabile. È sabato e Gesù è ospite nella casa di un fariseo. Tutta la gente lo sta ad osservare, nota il Vangelo.

È uno sguardo curioso, anche sospettoso: volevano vedere se, in quel modo, Gesù avrebbe trasgredito qualche regola nel sabato. E, in effetti, anche se il Vangelo di oggi ha ‘saltato’ questo ‘pezzo’, Gesù compie subito un miracolo, a favore di un uomo malato. Ma nessuno osa dirgli nulla.

Subito dopo, è lui che si mette ad ‘osservare’: «notando come sceglievano i primi posti…», Gesù si mette a raccontare una parabola.

È forte questo rilievo dell’evangelista.

Gesù è un acuto e profondo osservatore. Non è uno che guarda distrattamente o superficialmente. Il suo è uno sguardo che penetra attraverso ciò che appare ed è capace di comprendere profondamente l’animo delle persone.

In questo appare la sua umanità ricca, bella, profonda.

In effetti, anche oggi, se noi guardiamo bene quello accade al mondo, nella società, in noi stessi, arriveremmo alla stessa conclusione di Gesù: gli invitati «sceglievano i primi posti». Ciascuno sceglieva per sé, senza guardare agli altri. O meglio prima pensava a sistemare se stesso e guardava agli altri solo per riuscire ad arrivare prima di loro!

Penso che non faremmo fatica a trovare molti esempi di questo, anche oggi!

Ma ascoltiamo ciò che ci dice Gesù. Le sue parole sono molto belle, anche se – per la verità – è facile fraintenderle.

Gesù racconta una ‘piccola parabola’, sotto forma di un racconto alla seconda persona. E poi lui stesso tira la conclusione e trasferisce il significato della piccola parabola alla situazione di quel fariseo che lo aveva invitato in casa sua.

«Quando sei invitato a nozze … non metterti al primo posto …  Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto …». ”Infatti, se tu occupassi il «primo posto» e se, tra gli invitati ci fosse qualcuno più ‘ragguardevole’ di te, «con vergogna», dovresti occupare l’«ultimo posto…», cedendo il «primo posto» a chi se lo ‘merita’ più di te”.

Queste parole di Gesù trasmettono una osservazione evidente e molto saggia. Gesù ha ragione. Lo sappiamo tutti.

Sarebbe una cosa vergognosa se qualcuno dovesse dirci di occupare un posto peggiore di quello che abbiamo ‘conquistato’. Umiliazione, vergogna, magari rabbia sarebbero i sentimenti più spontanei, in una situazione del genere.

Però Gesù continua: tu, invece, scegli l’«ultimo posto» e aggiunge: «perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali».

Vedete, però, anche qui è facile fraintendere le parole di Gesù, confondendole quasi con una ‘tattica’, una strategia, per ottenere ancora di più!

Insomma, c’è il rischio – gravissimo – di pensare che l’umiltà stia nel ‘fingere’ di prendere l’ultimo posto, nella segreta ‘speranza’ che qualcuno si accorga di noi e venga ad offrirci un posto migliore.

Capiamo bene che questa non è umiltà. Questa sarebbe ipocrisia.

Non solo non vogliamo rischiare di essere ‘retrocessi’, ma andiamo a prendere l’ultimo posto, per riuscire a prenderne uno migliore! Capite, questo è teatro, è recita. Fingiamo di essere gli ultimi, per arrivare primi.

E guai se gli altri non si accorgono che siamo ultimi e non vengono a dirci: “accomodati più avanti …“. Saremmo costretti a rimanere ultimi, lamentandoci di non essere capiti, riconosciuti, onorati, apprezzati…

L’ipocrita è uno che recita, mente, fa questi calcoli meschini, per riuscire a sopravanzare gli altri. L’arrivista è un ipocrita che aspetta solo l’occasione giusta per piazzare i suoi colpi, con svantaggio degli altri. Per arrivare al suo scopo, recita ed è disposto a rischiare di essere l’ultimo. Ma solo per conquistare, alla fine, quello che vuole.

Attenzione però: Gesù non ci chiede di disprezzare noi stessi, mentre ci comanda di non esaltarci!

Gesù ci chiede di uscire dalla logica ‘mercenaria’, una logica di calcolo meschino, che è la logica contraria all’amore.

Le parole che seguono alla ‘piccola parabola’ sono illuminanti: «chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».

Qui è sottointeso Dio: se tu ti esalti davanti a Dio, sarai umiliato da lui quando, incontrandolo faccia a faccia, vedrai con chiarezza tutte le tue piccolezze e meschinità e ne sarai umiliato, ne proverai vergogna e ‘frustrazione’.

La lettera agli Ebrei dice che noi ci siamo accostati non a un Dio terribile, ma «al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste … all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti … , a Gesù». Lui è «mediatore dell’alleanza nuova». Noi ci troveremo davanti a Dio che in Gesù ha stretto con l’umanità un’alleanza nuova, un’alleanza di amore e di gioia!

Dio non ci umilia. Ci ama.

Da qui nasce l’umiltà, dalla coscienza di essere ‘apprezzati’ e ‘amati’ da Lui!

Infatti, subito dopo, Gesù racconta un’altra piccola parabola, che è rivelatrice della prima: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio».

Ecco, questa è la parola chiave: il contraccambio. Se tu fai un contraccambio, cadi nella logica del mercenario, che calcola e dà solo per ricevere.

Il mercenario non conosce la gratuità. È meschino. Apparentemente dà, ma lo fa nella pretesa di essere ‘ricompensato’. E se non arriva la ‘restituzione’ che aspetta, smette di dare. Per esempio: se tu saluti una persona che non ti è simpatica, e questa non ti saluta, dopo un po’ tu smetti di salutarla, perché lei non ti saluta.

Invece Gesù dice che la grazia è molto più abbondante: «quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti».

Tu dona. Gratuitamente. Perciò Gesù dice di ‘donare’ a chi non ha da ‘ricambiarti’.

Ma, aggiunge Gesù, tu riceverai – e lo sai! – la tua ricompensa «alla risurrezione dei giusti».

Tu dona all’altro davanti a Dio. Tu da’ all’altro, perché hai ricevuto gratuitamente da Dio. E Dio riconoscerà la bellezza del tuo dono.

Sarà lui, e fin d’ora è lui, a donarti la gioia di avere donato. In questa gioia sta la più profonda ricompensa al tuo dono.

Questa è l’umiltà del cristiano!