Giffoni Film Festival: “Barbie”, film-verità o atti vandalici contro l’adozione?

“Riservato ai maggiori di 18 anni”. Con quest’etichetta è apparso negli ultimi giorni il film ‘Barbie’, del 2011, una proiezione inserita nel concorso Giffoni Film Festival di Salerno. Si tratta di un film-verità sull’infanzia in Corea e coinvolge figure parentali labili e precarie, minorenni che si accollano il peso di guidare una famiglia, infine un mondo di scambi e traffici più o meno illegali e di “adozioni in nero”.

‘Barbie’ racconta la vita della piccola Soon-young, tredicenne coreana che si occupa da sola della casa e della famiglia: suo padre ha disturbi mentali, la sorella è sempre malata. Nella loro vita entra un medico americano, in viaggio in Corea con sua figlia Barbie, più o meno della stessa età di Soon-young. Tra le due bambine si crea un legame molto forte, mentre gli adulti contrattano per un illecito scambio: Soon-young sarà data in affidamento alla famiglia dell’uomo in cambio di soldi, perché possa vivere una vita felice.

Quella che sembra una semplice adozione illegale ha però dei contorni molto più drammatici: in realtà si vuole approfittare di Soon-young per un trapianto di cuore.

Film-verità o atti vandalici contro l’adozione? La realtà descritta dal film altro non è che uno spaccato di quanto realmente accade, o può accadere, all’estero, allorché l’adozione avvenga secondo il fai-da-te e non sia incardinata nel quadro normativo uniforme stabilito dalle Convenzioni dell’Aja né si trovi regolamentata da un assetto legislativo articolato e ispirato alla massima tutela del minore.

Non ci si scandalizzi dunque perché un film – l’ennesimo – decida di trattare l’argomento delle adozioni in modo scabroso: non è che un sintomo di quella cultura che ha cambiato atteggiamento nei confronti dell’adozione, preferendo valutarla in modo negativo. Piuttosto, spunti come questi dovrebbero essere argomento di dibattito in Italia per fare luce sul panorama attuale delle adozioni internazionali, e di come sia urgente e necessaria una riforma culturale, giuridica e politica dell’adozione. Affinché a pagare le future conseguenze non siano, appunto, gli innocenti.