Guardiamo a Gesù per non perderci d’animo e resistiamo “fino al sangue nella lotta contro il male”

fuocoIn occasione della XX Domenica del Tempo Ordinario, la riflessione del teologo don Maurizio Chiodi prende spunto dai brani del libro del profeta Geremìa Ger 38,4-6.8-10, dalla lettera agli Ebrei Eb 12,1-4, Dal Vangelo secondo Luca Lc 12,49-53

La Parola di Dio annunciata in questo Vangelo è una di quelle che ci lascia senza parole. Ci sembra, a prima vista – e un po’ lo è davvero! – una Parola enigmatica e addirittura incomprensibile, a tratti in contrasto con l’immagine che noi ci siamo fatti di Gesù.

È un bene che, almeno qualche volta, la Parola di Dio produca in noi questo effetto di ‘estraneità’: così evitiamo di addormentarci davanti ad essa.

Così, possiamo evitare più facilmente di cadere nella tentazione di addomesticare questa Parola, di asservirla a noi, come se fossimo noi a giudicare la Parola e non questa noi!

Ci sono tre parole chiave in questo Vangelo: «fuoco», «battesimo», «pace».

Quello che le unisce, al di là delle apparenze, è una sorta di inquietudine che, tra l’altro, sembra contrastare con il tempo delle vacanze, questo tempo estivo … che, pure, nella storia dell’umanità, è funestato da tanti episodi drammatici e minacciosi, dal terrorismo, alle guerre, alle violenze di ogni genere.

Anche la Parola di Dio, oggi, sembra invitarci a una certa inquietudine. Ci scuote dal nostro desiderio spontaneo di una vita tranquilla, senza scossoni e ‘incidenti’. Non voglio certo augurarmi o augurarvi che le cose vadano male in modo quasi masochistico o autolesionista. Al contrario!

Gesù parla anzitutto di un «fuoco» che Lui è venuto a «gettare» sulla terra e dice: «quanto vorrei che fosse già acceso!».

Che cos’è questo fuoco? Queste parole significano che Gesù è un incendiario o un agitatore?

Nella Scrittura, il fuoco è una delle immagini più potenti di Dio, sin da quando Dio appare a Mosè nel roveto ardente e parlante, un roveto arso da un fuoco che non lo consumava. Anche se, al contrario, quando Elia chiese a Dio di manifestargli la sua Presenza, il Signore non si rivelò nel fuoco, ma in una brezza leggera.

Dunque il fuoco è un simbolo di Dio, ma va bene interpretato.

Dio è più grande del fuoco.

Anche nella nostra esperienza umana il fuoco ha una grande ambivalenza: può essere segno di distruzione, di devastazione e di morte – pensate a una foresta o un bosco che si incendia! – ma può anche essere segno di calore, di luce, di sostegno e di pace nella nostra vita.

Che cos’è questo fuoco che Gesù getta tra noi? E perché lui arde dal desiderio di vederlo acceso?

Forse possiamo capire meglio questo simbolo se passiamo alla seconda parola: il «battesimo».

Nella nostra lingua, ormai, questa parola ha assunto un significato ‘tecnico’, ben preciso…È evidente che qui Gesù parla di un altro battesimo, che ha poco a che vedere con il nostro ‘battesimo’, perché il nostro battesimo deriva dal battesimo di Gesù e non viceversa.

Questa parola, come forse sappiamo, viene dal greco e significa ‘immersione’ nell’acqua. Qui Gesù annuncia di essere «angosciato» nell’attesa che «sia compiuto» il battesimo nel quale lui sarà battezzato. Qui Gesù fa chiaramente riferimento alla sua persona, alla sua morte e risurrezione. Egli sarà immerso nel dolore buio e terribile della morte, abbandonato da tutti, ma poi riemergerà nella luce splendida della risurrezione.

Ecco, la Pasqua intera, dalla morte alla risurrezione, con il dono dello Spirito, è questo «battesimo», questa immersione di Gesù nella nostra umanità angosciata dal dolore, dalla morte, dal peccato. Nell’abisso di questa tenebra, Gesù annuncia una luce di speranza. La sua morte è l’atto di amore del Figlio che, per dono, si abbandona a coloro che lo uccidono e qui rivela l’amore immenso per l’umanità peccatrice lontana da Dio e ribelle contro di Lui.

Il suo battesimo è fonte e sorgente di una vita, di una speranza nuove e meravigliose, per tutti. In particolare per chi vive nell’angoscia. Anche Gesù ha provato questa angoscia fino in fondo, trasformandola in atto di amore e di dono di sé.

Questo è il «fuoco» che Gesù è «venuto a gettare» «sulla terra»: un fuoco d’amore, il fuoco dell’amore di un Dio che dà la vita per noi, perché noi abbiamo la speranza di una vita nuova, grazie a Lui!

Siamo così giunti alla terza parola: la «pace»!

Nel Vangelo Gesù dice oggi di non essere «venuto a portare pace sulla terra», ma la «divisione».

Ci viene spontaneo ricordare qui le parole di Gesù, che riportiamo anche durante la celebrazione dell’Eucarestia: «vi lascio la pace, vi do la mia pace … non come la dà il mondo». Queste parole, allora, ci possono aiutare a comprendere il Vangelo di oggi.

La ‘pace’ che Gesù è «venuto a portare» non è una pace che potremmo ridurre a quel quieto benessere, quell’apparente assenza di conflitti dietro cui si nascondono tante menzogne e falsità. Pensate, ad esempio, ad una casa in cui non ci sono discussioni o liti, ma solo perché non ci si parla, non si condivide nulla. Sarebbe una ‘pace’ tra estranei, un equilibrio apparente, falso.

Gesù usa proprio questa immagine per parlare della sua pace: dice che in una famiglia di cinque persone, Lui viene a mettere gli uni ‘contro’ gli altri! Questo non significa che Gesù porti le guerre, le oppressioni o i contrasti. No!

Gesù porta la scelta: chiede a ciascuno di noi di deciderci a favore di Lui, del suo amore, della sua pace, e di portarlo avanti fino in fondo, anche a costo di essere incompresi e rifiutati, perfino nella nostra casa!

È quello che è successo al profeta Geremia, che viene gettato nel fango di una cisterna, profonda e buia, per morire, a motivo della sua parola e della sua testimonianza.

È anche quello che si chiede l’autore della lettera agli Ebrei quando ci dice di tenere «fisso lo sguardo su Gesù», in mezzo a «tutto ciò che è di peso» e al «peccato che ci assedia».

Guardiamo a Gesù per non stancarci, per non perderci d’animo. Resistiamo, «fino al sangue nella lotta contro il male.

Questa è la nostra testimonianza della pace di Gesù, di questo fuoco d’amore che egli ci ha donato nel «battesimo» della sua Pasqua!