“Ho adottato Matteo, bambino di 9 anni, dalla Cina: ecco come sono riuscita a ‘parlare ‘ subito con lui”

ragazzino cineseAdottare un bambino straniero, proveniente da una cultura e da una terra lontana come la Cina e per di più già grande. Alle “paure” proprie di chi adotta, in questo caso se ne aggiungono altre. La prima e immediata “Come parleremo? Ci capiremo? In che lingua parleremo con il nostro bambino già grande?”.

Rosa e Paolo ci spiegano come hanno fatto.

“Dispiace sentire che si ha paura di adottare bambini grandi. E’ un’esperienza meravigliosa e nostro figlio è un bambino…spettacolare!”

Entusiasmo alle stelle per mamma e papà di Matteo, un bambino cinese di 9 anni, arrivato in Piemonte a fine maggio del 2014 da Xi’An.

Un bambino con il quale Rosa e Paolo hanno condiviso anche “molti silenzi, perché il nostro scarso cinese non era in grado di competere con la dialettica di un bambino di 9 anni – ricorda la mamma – ma ci siamo sempre intesi al volo, usando anche molta fantasia. Spesso traducevo io per gli altri perché Matteo si faceva capire da me in un modo che io trovavo immediato: era come l’intesa, immagino, che si genera naturalmente tra una mamma e suo figlio neonato”.

Matteo, il protagonista della storia di oggi per #iosonoundono, oggi è un bambino davvero felice. “E’ una gioia vedere che, poco alla volta – raccontano –, nostro figlio si sta riappropriando della spensieratezza che è naturale in ogni bambino: ieri scendeva le scale saltellando e canticchiando!”.

E’ una grande conquista vedere il bambino sereno, vedere in lui la fiducia che cresce verso di noi – continuano -: ieri il suo sguardo non nascondeva l’inquietudine, oggi rivela la fiducia, la gioia di tornare ogni volta a casa. Del resto è da capire: i bambini che hanno già sperimentato l’abbandono una volta, potranno trovare pace al 99% ma ci sarà sempre in loro quell’1% di dubbio. Sta a noi comprendere e dare certezze”.

Anche Matteo, come tutti i bambini in arrivo dalla Cina, faceva parte della categoria dei cosiddetti special needs, ovvero minori abbandonati con bisogni speciali legati a patologie sanitarie, traumi subìti, fratrie o età.

Non solo, lui era un cosiddetto special focus – dice papà Paolo – tanto che abbiamo risposto a un appello di Ai.Bi. sul sito. Matteo, oltre al fatto di essere grandicello, aveva una diagnosi ben precisa, ‘idrocefalia ben compensata’ che significava una presenza sì di idrocefalo ma piccola e immutata da diversi anni. Ci siamo informati, parlandone in modo più approfondito con Ai.Bi, ed è stato comunque naturale per noi dire subito sì all’abbinamento”.

Arrivati in Italia, i genitori di Matteo hanno provveduto a una serie di esami e oggi effettuano monitoraggi periodici per tenere sotto controllo l’idrocefalo. “Vedremo cosa succederà con la crescita, ma siamo tranquilli”, dicono. “Ci siamo resi conto che anche di fronte a patologie presentate come complesse, occorre ‘oggettivizzare’ molto le situazioni dove i margini di miglioramento esistono”. Ed è appunto il caso di Matteo.

Mentre parliamo, si sente la voce squillante di Matteo che ormai padroneggia bene l’italiano, complice anche un programma specifico, relativo alla nuova lingua da apprendere, previsto per lui a scuola.

Papà, mi devi 1 euro di multa per punizione!”, dice allegramente Matteo: “Eh sì, pare che non abbia ben realizzato la mia costruzione con i Lego”, dice sconsolato papà Paolo, ben felice di usufruire in questo periodo, prima della ripresa scolastica del bambino, del congedo parentale previsto per legge.

Quest’anno Matteo andrà in quarta elementare, felice di ritrovare i suoi compagni di classe con i quali ha subito legato – raccontano i genitori – ; anche a livello scolastico i risultati sono buoni, considerando che in Cina andava già a scuola regolarmente”.

Della Cina non parla molto, ma quello che Matteo ricorda malvolentieri è la strada da percorrere per andare “nella scuola dei grandi” un po’ lontana dall’istituto. “A parte questo dettaglio sappiamo che Matteo è stato accudito bene nei suoi 9 anni in Cina e questo è importante per costruire relazioni affettive forti – conclude Rosa – : oggi si sente parte della nostra famiglia allargata, della comunità di amici, relazioni che saranno sue, per sempre”.