I miei genitori non volevano un nipote adottivo: ecco come ho fatto per convincerli!

gorgoglione_aibi_pugliaÈ una sensazione quasi paradossale, quella provata da Lisia e Antonio: essere ostacolati e scoraggiati, nel loro desiderio di accoglienza, da parte delle persone che invece avrebbero dovuto stare loro più vicine. I protagonisti di questa storia sono i coniugi Gorgoglione, che con Amici dei Bambini hanno stretto un legame doppio: genitori adottivi e coordinatori del Movimento Famiglie Locali della Puglia. Antonio prende la parola durante la prima giornata della XXIII Settimana delle Famiglie di Ai.Bi., a Gabicce Mare, e decide di rendere tutti partecipi della vicenda che ha visto protagonisti lui e sua moglie. Una vicenda che mostra come la tentazione di mollare tutto, di chiedersi “perché dobbiamo batterci per i minori abbandonati?” sia una fase che si rischia di dover affrontare e che può essere superata solo rendendosi conto che “la chiamata all’accoglienza” è più forte di tutto.

Antonio e Lisia hanno già 2 figli biologici quando decidono di adottarne un terzo. Ma nel momento in cui scelgono di esternare questa loro scelta, ecco i primi ostacoli: sono le loro stesse famiglie a scoraggiarli, quasi ad abbandonarli a causa della “chiamata” che sentono di avere ricevuto.  Lasciati soli in un momento così difficile, i Gorgoglione pensano di rinunciare al loro sogno e di metterci una pietra sopra. Ma la chiamata è troppo forte e “inizia a erodere la roccia che avevamo posto sulla questione – ricorda Antonio –. Ci tornava alla mente la frase del Vangelo: ‘Chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome, accoglie me’. La vocazione che sentivamo continuava a erodere la razionalità della mia scelta di mollare tutto”.

Poi venne un giorno speciale: il 4 luglio 2007, Giornata della Vita. Ospite della parrocchia di Barletta che Lisa e Antonio frequentano abitualmente è l’immagine della Santa Vergine di Pompei. La chiesa del Santissimo Crocifisso di Barletta è strapiena e i Gorgoglione sono tra le centinaia di fedeli che partecipano alla Santa Messa. “Fu in quell’occasione che il mio cuore si scongelò – racconta Antonio –. Ho capito che il Signore mi stava parlando tramite Sua Madre. Quando l’ho detto a mia moglie, lei è scoppiata a piangere, confessandomi che era da un anno che pregava la Madonna affinché parlasse al mio cuore”. E forse non è un caso che negli stessi giorni, dall’altra parte del mondo, in Cina, il loro futuro figlio veniva abbandonato.

La coppia stavolta è davvero determinata: avvia le pratiche e arriva a depositare in Tribunale la documentazione necessaria. Ma è a questo punto che, nuovamente, le persone a loro più prossime riprendono a opporsi alla scelta di Lisia e Antonio di accogliere un bambino straniero. L’unica soluzione, ancora una volta, sembra quella di rinunciare a tutto.

Poi l’idea di Lisia: “Andiamo a Lourdes”, dove Antonio però non vorrebbe recarsi. “Avevo paura di incontrare troppa sofferenza”, dice. Alla fine però cede e i due prendono la strada dei Pirenei. Qui Antonio decide di confessarsi: parla per un’ora filata al sacerdote francese che lo ascolta e lo congeda con una sola semplice raccomandazione: “Prega così. ‘Gesù, confido in te’. Dopo lo sconcerto iniziale, Antonio comprende il senso di quel consiglio: era un atto di fiducia a cui era doveroso fare seguire  un atto di misericordia, “che nel nostro caso era l’accoglienza di un bambino abbandonato”. E accogliere Francesco, questo il nome scelto per il loro figlio adottivo, “salvando questo bambino – conclude Antonio – abbiamo salvato anche noi stessi”.