I progressi ci sono, ma ancora milioni di bambini muoiono per cause evitabili

UNICEFNel mondo ci sono 230 milioni di bambini sotto i 5 anni, 1 su 3, che non sono mai stati registrati all’anagrafe e quindi, ufficialmente, non esistono. Lo riporta il rapporto 2014 su “La condizione dell’infanzia nel mondo. Ogni bambino conta” presentato dall’Unicef negli ultimi giorni di gennaio. I dati raccolti mettono in evidenza come la situazione dei minori nel mondo sia in progressivo miglioramento, ma restano ancora situazioni altamente drammatiche concentrate soprattutto nei Paesi dell’Africa sub-sahariana.

Secondo l’indagine effettuata dall’Unicef, il 31% della popolazione mondiale è composto da bambini e adolescenti, ovvero 2,2 miliardi di individui. “Contarli li rende visibili – ha detto il Presidente di Unicef Italia Giacomo Guerrerae identificarli permette di rispondere alle loro necessità e promuovere i loro diritti attraverso maggiori impegni e innovazioni”.

Il dato più drammatico, tra quelli rilevati dall’annuale indagine dell’Unicef, è quello relativo alla morte di 6,6 milioni di bambini sotto i 5 anni, 18mila al giorno, per cause che si sarebbero potute evitare, come polmonite e dissenteria. In particolare quest’ultima fa ancora oggi 1.400 vittime al giorno, a causa di acqua contaminata, mancanza di servizi igienici sanitari e scarsa igiene personale. Altri 3 milioni di bambini muoiono invece ogni anno entro il primo mese di vita perché alla nascita non ricevono sufficiente assistenza da parte di personale specializzato. Il fenomeno della mortalità infantile è concentrato in modo particolare nel continente africano. I primi 10 Stati presenti nella triste classifica della mortalità sotto i 5 anni sono tutti africani: la situazione più drammatica è quella della Sierra Leone con 182 decessi su 1.000 nati vivi, seguita dall’Angola con 164 e dal Ciad con 150, fino al decimo posto del Niger con 114.

Globalmente invece i dati sulle condizioni di salute dei bambini nel mondo, registrate nell’arco degli ultimi 23-24 anni, segnano un saldo positivo. Dal 1990 infatti il miglioramento dell’alimentazione ha ridotto del 37% il ritardo nella crescita dei minori e 1,9 miliardi di persone hanno avuto accesso a servizi igienico sanitari migliorati. Se il tasso di mortalità infantile fosse rimasto quello del 1990, da allora si sarebbe registrata la morte di 90 milioni di decessi in più tra i  bambini sotto i 5 anni. In particolare questo risultato è dovuto ai progressi effettuati nel campo della salute, dell’accesso all’acqua e delle vaccinazioni. Grazie a queste ultime, oggi è possibile salvare la vita a 2-3 milioni di bambini ogni anno. Basti pensare che la percentuale di bambini vaccinati è passata dal 16% del 1980 all’84% del 2012. Restano però ancora forti disparità sociali. Emblematico il caso del Niger dove solo il 39% delle famiglie rurali ha accesso all’acqua potabile contro il 100% di quelle urbane.

Capitolo istruzione. Anche qui si registrano passi in avanti rispetto a qualche decennio fa. Nel 1990 solo il 53% dei bambini era iscritto alla scuola primaria nei Paesi meno sviluppati: nel 2011 questa percentuale era salita all’81%. Ne rimangono però esclusi ancora 57 milioni. Sono aumentate anche le ragazze che frequentano la scuola, ma ancora nel 2011 c’erano 31 milioni di bambine in età scolare che risultavano analfabete.

Inoltre, il 15% dei bambini è costretto a svolgere un lavoro a discapito del suo diritto all’istruzione, allo svago e alla protezione dallo sfruttamento. Ancora peggiore la situazione femminile: l’11% delle giovani donne si sono sposate prima di compiere i 15 anni, con seri rischi per la propria salute, istruzione e tutela.

“I dati hanno un’importanza cruciale – ha dichiarato Tessa Wardlaw, Responsabile Unicef della sezione Dati e Analisi –: possono essere fatti ulteriori progressi solo se sapremo quali sono i bambini più trascurati, in quali aree non frequentano la scuola, dove dilagano le malattie o dove mancano strutture igienico-sanitarie di base”.

 

Fonte: Unicef