Il dovere di aiutare chi resta in Siria (e a quale prezzo)

Binnish siria macerieSuccede questo: che devi incontrare il tuo capo progetto siriano di Binnish, il quale viene periodicamente in Turchia per discutere delle attività in corso e degli eventuali problemi da affrontare. Ti è stato dato poco preavviso, con un messaggio dopo la mezzanotte di venerdì, ma pazienza, ormai ci sei abituato.

Succede allora che ti prepari per vederlo di domenica, nel weekend, come spesso avviene in questi casi. Perché non è che puoi sempre decidere tu quando ti è più comodo organizzare i meeting: la priorità nel dettare i tempi spetta a chi deve fare i conti con bombardamenti, checkpoint, passaggi di confine, e chissà cos’altro. Ci sta. In più, per i siriani la domenica è come lunedì per noi.

Succede che ti fai una scaletta degli argomenti da trattare, contatti il tuo amico siriano che ti farà da traduttore e rimani in attesa di ricevere una conferma dell’appuntamento. Conferma che tarda ad arrivare.

Poi succede questo: che la conferma non arriva. Al suo posto, ecco il messaggio di un altro collega: «Ahmad* è dovuto tornare in Siria. C’è stato un bombardamento a Saraqeb: sono morti suo nipote, la moglie e i loro bambini

Non c’è nulla da aggiungere, nulla da togliere. Trovi a malapena le parole per rispondere che sì, va bene, che tragedia, grazie di avermi informato, ci aggiorniamo. Poi ti metti a cercare informazioni per capire meglio cosa è successo.

E d’informazioni su quanto è successo ne trovi quante ne vuoi, basta saper dove cercare. Perché, in fondo, questo è quello che succede ogni giorno in Siria. Non sempre e necessariamente ai tuoi colleghi, grazie al cielo, ma stai certo che anche oggi accadrà a qualcun altro, da qualche altra parte. Forse proprio in questo preciso istante, qualcuno sta piangendo la propria, personale tragedia familiare. Facile che sia così.

D’informazioni su quanto succede ne trovi quante ne vuoi. Quello che fatichi a trovare è il perché di quello che accade e continuerà ad accadere. Ti chiedi quale sia il senso di tutta questa sofferenza, che si protrae ormai da tanto, troppo tempo; e intanto osservi la foto di due bambini che fino ieri c’erano, ridevano, giocavano e che oggi non ci sono, non ridono, non giocano più.

Quello che fatichi a comprendere fino in fondo è dove persone come Ahmad trovino il coraggio per andare avanti. Per continuare a muoversi lungo il sottile crinale tra la vita e la morte, in equilibrio precario, pur sapendo i rischi che corrono; pur sapendo il prezzo che – presto o tardi – potrebbero essere chiamati a pagare, insieme alla propria famiglia. E in tutto questo, trovano pure la forza, l’energia e la motivazione per spendersi a favore della propria comunità e portare aiuto e conforto a chi è ancora meno fortunato di loro.

Ecco, a questi eroi dovrebbe andare tutta la nostra solidarietà, la nostra ammirazione, il nostro supporto. Perché non si arrendono e non cedono all’avanzata del Male, del terrore, della violenza: il loro è un sacrificio esemplare, nobile e straziante, nella sua profonda umanità. E salvando loro, forse, salveremo anche un po’ di noi stessi.

 

Luigi Mariani
Country coordinator di Ai.Bi. in Siria

 

Ai.Bi. ha lanciato la prima campagna di Sostegno a Distanza per aiutare le famiglie siriane a restare nel proprio paese e continuare a crescere i propri figli in condizioni dignitose, nonostante la grave crisi. Cibo, salute, scuola, casa, gioco: queste le cinque aree d’intervento. Per avere maggiori informazioni sull’iniziativa e per dare il tuo contributo, visita il sito dedicato.

* nome di fantasia.