Il “limbo” della adozione speciale. Quando la burocrazia mette in difficoltà una famiglia

Adottata a maggio, per lo Stato non ha ancora una casa e un cognome. Così per la mamma è impossibile fruire dei permessi della legge 104

Adottare un bambino “speciale”, spesso, pone i neo genitori di fronte a lungaggini burocratiche impietose, sia nei loro confronti che in quelli del piccolo. Un caso, per fare un esempio concreto, è quello di Maria (nome di fantasia), la cui storia è stata raccontata dalla madre adottiva e ripresa da Redattore Sociale.

Una vicenda che, di primo acchito, parrebbe assurda. Già, perché la piccola protagonista di questa storia di ordinaria follia burocratica una famiglia ce l’ha. Ormai dal mese di maggio. Eppure, per lo Stato italiano, ancora non ha una casa e un cognome. Così, per la mamma, è impossibile anche solo fruire dei permessi concessi dalla legge 104 per prendersi cura di lei. Maria si trova, sostanzialmente, in un “limbo”.

L’inizio di questa vicenda risale a quasi due anni fa. “Dicembre 2017 – scrive la mamma di Maria – Solita mattina al lavoro. Intervallo. Squilla il telefono. Caro Giudice, eri tu che mi chiamavi per chiedere se io e mio marito fossimo disponibili ad accogliere una neonata affetta da una sindrome genetica. Chiusi il telefono, le gambe non mi reggevano. Chiamai subito mio marito. Ti ricontattammo per dirti di sì e ci fissasti il primo colloquio in Tribunale per i minorenni. Ricordo che per tutto il viaggio non chiusi occhio per l’euforia. Arrivò il momento di conoscerci. Dopo il colloquio ci salutammo con la promessa che ci saremmo rivisti presto. Caro Giudice, ancora oggi io mi chiedo cosa significhi per te la parola ‘presto’, visto che la nostra piccola, che al momento del nostro incontro aveva appena quattro mesi, ha dovuto trascorrere ulteriori tre mesi in comunità, lontana dall’affetto e dal calore di una vera famiglia”.

Dopo di che fu stabilito l’affidamento pre-adottivo. “Caro Giudice – continua la mamma – noi ti dovremmo essere grati per averci dato la possibilità di diventare genitori, però, ti prego, lasciamelo proprio dire: in tutto il periodo di affidamento preadottivo ci siamo sentiti davvero soli ed abbandonati, in balia di tutori per i quali nostra figlia è stata solo un numero, un fascicolo da rispolverare ogni tanto, quando e se si ricordavano”.

A maggio del 2019 il giudice, finalmente, dispone l’adozione. Cosa che, purtroppo, non è bastata a togliere la bimba dal limbo in cui si trova tutt’oggi, perché, spiega ancora la madre, “la residenza non è ancora stata assegnata, il nuovo cognome della bambina neanche: ed io non posso usufruire dei permessi per la 104 ogni volta che dobbiamo portare la bambina presso l’ospedale che la tiene in cura da quando è nata”

“Caro Giudice – conclude questa mamma arrabbiata – ma ti rendi conto che nostra figlia ha una patologia genetica rara e che ha bisogno di monitoraggi e cure continue e tu ci hai lasciati soli? Lasciamelo proprio dire: se da una parte ti dobbiamo essere grati per averci scelto come genitori di nostra figlia, ogni volta che si presenta un problema mi sento davvero impotente e penso che qualcuno potrebbe aiutarci, ma non lo fa. I bambini come nostra figlia hanno cominciato la loro vita già in salita. E tu, caro Giudice, non la rendi più facile”.